Sole e pianeti rocciosi come il nostro sono più diversi di quanto credevamo. Ce lo dicono le analisi di alcune particelle emesse dal Sole raccolte dalla sonda Genesis. Analisi che hanno rivelato una forte differenza riguardo la presenza di alcuni elementi chimici quali l’ossigeno e l’azoto. Questi elementi si presentano in forme diverse, detti isotopi, in base al diverso numero di neutroni presenti nei nuclei dei loro atomi. Poiché il Sole e i pianeti si sono formati dalla stessa nube di gas e polveri, ci si aspetta che la quantità di isotopi di questi elementi sia più o meno la stessa. Invece non è così.
L’esperto solare Mauro Messerotti dell’Istituto Nazionale di Astrofisica ci spiega l’importanza della scoperta:
“A seconda dei rapporti isotopici misurati, si possono ricavare informazioni sui processi che hanno portato alla loro formazione. In pratica possiamo ricavare informazioni sulla temperatura e sulla densità dell’ambiente in cui questi isotopi si sono formati”.
Il perché ci sia questa differenza rimane però una domanda in cerca di risposta.
“Evidentemente dal punto di vista della chimica cosmica ci sono stati dei processi che ancora devono essere ben identificati”.
Le particelle raccolte dalla sonda Genesis si sono così rivelate una vera miniera di informazioni. E pensare che la missione poteva essere un fallimento totale. Nel 2004 la capsula di rientro non era riuscita ad aprire i paracadute e si era schiantata al suolo a una velocità di 160 chilometri all’ora. Eppure i ricercatori hanno cercato lo stesso di tirar fuori, da ciò che era rimasto, campioni utili per le analisi. Ci sono voluti sette anni ma alla fine, visti i risultati, sono stati premiati con gli interessi.
RIPIENO INCANDESCENTE
Nel corso di un anno Io, una delle quattro maggiori lune del pianeta Giove, emette 100 volte più lava di quanta ne venga espulsa nello stesso periodo da tutti i vulcani della Terra. Io è una luna vulcanica della quale ora, grazie alla recente e nuova analisi dei dati della sonda Galileo, della NASA, sappiamo qualcosa di più. Fra i 30 e i 50 Km di profondità, questa luna nasconde un intero strato di magma fuso che, come un guscio molle, avvolge gli strati di materiale ancora più interni. La sonda Galileo, che ha raccolto questi dati nel ’99 e nel 2000, non ha effettuato scavi, ma misurazioni dall’alto della sua orbita. Nello specifico ha registrato dei segnali di rimbalzo che lo strato magmatico emette quando viene investito dal campo magnetico rotante di Giove. Un po’ quello che succede quando un metal detector raccoglie i segnali che gli oggetti metallici fanno rimbalzare nella sua direzione. Sappiamo quindi che i vulcani di Io non giacciono in corrispondenza di serbatoi magmatici sparsi qua e là, ma si trovano al di sopra di un unico grande oceano incandescente. È il risultato di analisi nuove, su dati “vecchi” che solo grazie ai recenti progressi in questo settore della ricerca abbiamo potuto interpretare correttamente.
DELLE TRE, UNA
Sono stati annunciati in questi giorni i tre progetti candidati per il Discovery Program della NASA, il piano di finanziamenti che trasformerà in una vera missione spaziale soltanto uno di essi. Il Discovery Program ha già sfornato missioni di successo dedicate all’esplorazione del Sistema solare, come ad esempio le MESSENGER, Deep Impact o Dawn, solo per citarne alcune. Questa volta la scelta è fra un nuovo dispositivo automatico da fare atterrare su Marte, un lander, una capsula galleggiante destinata ai mari di idrocarburi di Titano o un visitatore robotico da far approdare su una cometa. Chi sceglierà la NASA? Torneremo su Marte con Gems, ci tufferemo su Titano con TiME o salteremo su una cometa con Comet Hopper? Lo sapremo il prossimo anno, nel frattempo possiamo scegliere su quale puntare.