E’ l’esplosione stellare più lontana finora individuata, distante 12 miliardi di anni luce. Se i grandi telescopi delle Hawaii sono riusciti a scoprirne l’esistenza, è solo perché a esplodere non è stata una comune supernova, ma una di tipo superluminoso. Le supernovae sono stelle più grandi del Sole che giunte al termine della loro evoluzione, esplodono. E da appena 12 anni abbiamo scoperto che esiste una nuova classe di supernovae, dette superluminose perché risultano 100 volte più brillanti delle altre. Per questo riusciamo a individuarle anche se avvengono a enormi distanze. Come quella trovata a 12 miliardi di anni luce che stabilisce per ora il nuovo record di lontananza. Dodici miliardi di anni luce significa che la luce ha impiegato 12 miliardi di anni per giungere sino a noi. Quindi stiamo studiando una supernova esplosa 12 miliardi di anni fa, quando l’Universo aveva solo un miliardo e mezzo di anni di vita. E qui viene la parte più suggestiva: gli astrofisici sono certi che i telescopi di ultima generazione possano trovare supernovae ancora più distanti e quindi andare ancora più indietro nel tempo, sino a scoprire l’esplosione di una delle prime stelle mai formate nell’Universo.
LA FASCIA AL POSTO GIUSTO
Che la Terra sia un pianeta speciale è un dato di fatto. Se è adatto ad ospitare la vita il merito è della sua struttura, della sua atmosfera, della posizione rispetto al Sole, ma non solo. Studi recenti hanno dimostrato l’importanza della presenza della Luna, che stabilizza l’inclinazione del nostro asse, e di Giove che, soprattutto in passato quando il Sistema solare era molto più caotico, ha agito nei nostri confronti come una sorta di parafulmine, attirando verso di sé corpi rocciosi il cui impatto con il nostro pianeta avrebbe potuto essere devastante. Ma c’è un nuovo studio che dimostra che anche la fascia degli asteroidi gioca un ruolo importante. Gli asteroidi che, in passato, si sono scontrati con il nostro pianeta, potrebbero aver trasportato acqua e composti organici: gli impatti avrebbero innescato o accelerato l’evoluzione della vita. Le cose nel nostro caso sarebbero andate così, nella giusta misura, ma la fascia degli asteroidi avrebbe potuto essere spazzata via dal passaggio di un pianeta gigante come Giove, oppure avrebbe potuto essere molto più ricca di corpi rocciosi, che avrebbero quindi potuto colpire il nostro pianeta con intensità molto maggiore, rendendo impossibile la vita. Siamo il risultato di uno scenario molto equilibrato: e la domanda è sempre la stessa, siamo davvero unici o soltanto rari?
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PIANO B PER ODYSSEY
Con i suoi 11 anni di missione intorno a Marte, la sonda Mars Odyssey detiene il record di permanenza intorno al pianeta rosso. E con tutta probabilità, la sua missione continuerà ancora a lungo visto che il 5 novembre, passerà a quello che si può definire “il piano B”. La sonda, infatti, è dotata di due computer principali e di strumentazione di riserva pronta ad entrare in funzione qualora ci fossero dei guasti. Finora non erano mai stati registrati problemi ma, come misura preventiva, in modo da poter continuare ad avere un backup funzionante in futuro, è stato scelto di mettere a riposo la strumentazione in uso ed attivare la sostitutiva, praticamente nuova. La sonda potrà così continuare a studiare il pianeta, ma anche a fare da ponte per le comunicazioni con i rover Opportunity e Curiosity.
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