Dopo rovinosi fallimenti e imprevisti dell’ultimo momento, il volo spaziale basato sulla vela solare si prende la sua rivincita. Merito della NanoSail-D, sonda NASA che grazie a un colpo di fortuna supera l’imprevisto di turno, riesce ad aprire la sua vela e compie un intero giro della Terra a 650 km di altezza, sospinta solo dalla pressione esercitata dalla radiazione del Sole. E pensare che la missione della NanoSail-D sembrava finita ancor prima di cominciare: la sonda aveva infatti trascorso l’ultimo mese e mezzo incastrata dentro FASTSAT (Fast, Affordable, Science and Technology SATellite), il satellite utilizzato per portarla in orbita lo scorso novembre.
Al momento dell’uscita che doveva avvenire grazie alla spinta di una molla,la sonda è rimasta bloccata, come a voler confermare la serie negativa che da anni accompagna i test sul volo a vela solare. Il 17 gennaio avviene però la svolta: di colpo, forse dopo un qualche movimento di assestamento o forse per pura fortuna, NanoSail-D si sblocca ed esce. Il 20 gennaio la missione può finalmente cominciare. La sonda dispiega la vela di 10 metri quadrati costituita da materiale riflettente e inizia il suo giro attorno alla Terra sospinta dalla pressione esercitata dalla radiazione solare. Ora NanoSail-D sta girando attorno al nostro pianeta ad un’altezza dove è ancora presente l’atmosfera.
Per quanto tenue, l’atmosfera sta frenando la corsa della sonda facendole perdere quota sino a quando, tra quattro mesi al massimo, non si disintegrerà come una meteora. Una fine voluta dagli scienziati per studiarne la dinamica durante la fase di rientro e stabilire se e come sia possibile utilizzare le vele sui futuri satelliti per guidarne la discesa a fine missione. In particolare le vele serviranno per farli scendere di quota in modo controllato sino a farli disintegrare in atmosfera senza il pericolo che eventuali frammenti giungano a terra o rimangano in orbita. Sarebbe questo un sistema per cercare di ridurre la produzione di spazzatura spaziale, in attesa che le vele siano mature per farci viaggiare tra i pianeti del Sistema solare.
UNA COMETA PER SAN VALENTINO
Per il giorno di San Valentino la sonda Stardust ha un appuntamento e, per arrivare puntuale, si è già messa per strada. Stardust, che nel 2004 aveva compiuto la sua missione raggiungendo la cometa Wild 2, raccogliendo campioni delle sue polveri in una capsula che poi è stata rispedita a terra, fra il 14 e il 15 febbraio raggiungerà un’altra cometa, la Tempel 1. Anche questa è una vecchia conoscenza, anzi: nel 2005 la sonda Deep Impact le aveva scagliato contro un proiettile di 372 chili proprio per poterla conoscere in modo veramente approfondito. La stessa Deep Impact, tuttavia, non aveva potuto osservare il cratere prodotto dall’impatto a causa della quantità di polveri e frammenti che erano stati prodotti. A dare un’occhiata ci penserà quindi la collega Stardust a metà febbraio. Wild 2 è già stata individuata e, anche se ancor lontana, Stardust ha già ottenuto le prime immagini: una sbirciatina da lontano prima di presentarsi all’appuntamento.
GLORY NELLO SPAZIO
Febbraio sarà anche il mese di Glory, la nuova missione della NASA che vale doppio. Il satellite contiene infatti due strumenti che punteranno in direzioni opposte, uno verso il Sole e l’altro vero la Terra. Lo strumento dedicato al Sole studierà l’irraggiamento solare per capire quanta energia emette la nostra stella e se ci sono delle variazioni, quello che invece punterà alla Terra, ne studierà l’atmosfera concentrandosi sulle particelle di aerosol. Si tratta di particelle prodotte da eventi naturali, come ad esempio le eruzioni vulcaniche, ma anche dalle attività umane che provocano inquinamento atmosferico. Sia l’attività a lungo termine del Sole che la concentrazione di aerosol in atmosfera possono influire su una questione che ci sta particolarmente a cuore, ovvero il nostro clima e i suoi cambiamenti.