Supernovae di tipo Ia. Sono stelle molto distanti che esplodono, aumentando la loro luminosità al punto da diventare vibili ai telescopi quando prima non lo erano. Gli astronomi le considerano una vera fortuna: sono come dei fari lontani che si accendono di colpo. Fari dei quali sappiamo calcolare la distanza, riuscendo così a capire quanto è grande l’Universo e quanto velocemente si sta espandendo. Eppure sino ad ora la vera origine delle supernovae Ia rimaneva senza una spiegazione certa.Prima ipotesi: può trattarsi di nane bianche, stelle piccole e compatte, che attirano a sé il gas di una stella compagna sino a superare il limite oltre al quale esplodono. Seconda possibilità: due nane bianche che si scontrano tra loro, fondendosi e poi esplodendo. Capire quale sia l’ipotesi giusta è fondamentale perché a seconda della situazione, cambia il risultato della misura della distanza. Pochi mesi fa avevamo dato la notizia che dopo oltre 40 anni il caso sembrava risolto a favore dello scontro tra due nane bianche. Ora un nuovo colpo di scena. Ulteriori osservazioni dicono che entrambe le possibilità sono corrette. Le supernovae Ia sarebbero un mix di entrambi i casi. Adesso sarà possibile determinare con maggiore accuratezza la loro distanza. E confermare se davvero l’Universo si sta espandendo accelerando sempre di più perché gonfiato da una misteriosa energia oscura.
UNA SUPER-TERRA AGLI INFRAROSSI
Il telescopio spaziale Spitzer, per la prima volta, è riuscito a osservare la radiazione infrarossa emessa da uno di quei pianeti extrasolari che per massa e dimensioni vengono definiti super-Terre. Denominato 55 Cancri e, si trova a 41 anni luce di distanza, ed è una vecchia conoscenza. Sappiamo che impiega appena 18 ore per completare un’orbita intorno alla propria stella, che è 2 volte più grande della Terra e che ha una massa 8 volte maggiore. Si sa anche che è un mondo decisamente inospitale, ma grazie alle recenti osservazioni di Spitzer è stato possibile stabilire che la temperatura, nella sua parte illuminata, è prossima ai 1800 gradi, sufficiente a fondere i metalli. L’importanza del risultato, tuttavia, va ben oltre il fatto di aver ottenuto questo dato specifico, il punto è essere riusciti a misurare la radiazione che proviene direttamente dal pianeta. Finora, infatti, le informazioni sui pianeti che passano davanti alla propria stella, lungo la nostra linea di vista, sono state ottenute per la maggior parte studiando le variazioni della luce della stella stessa, man mano che veniva eclissata. Di misure dirette, come quella effettuata in questo caso, ne erano già state fatte (il primo a riuscirci fu proprio Spitzer nel 2005), ma i pianeti osservati in quelle occasioni erano più grandi sia per massa che per dimensioni, paragonabili al nostro Giove. Spitzer ha dimostrato che è possibile analizzare in questo modo anche le super-Terre e che la strada verso lo studio diretto di pianeti di dimensioni sempre più piccole è aperta.
BYE BYE ENVISAT
Il satellite ambientale Envisat, dell’Agenzia Spaziale Europea, è stato ufficialmente dichiarato perso lo scorso 9 maggio. In orbita dal 2002 per monitorare la nostra atmosfera, le variazioni del livello del mare, le emissioni di gas serra e altri aspetti cruciali dello stato del nostro pianeta, doveva concludere la sua missione nel 2014. Invece le comunicazioni si sono improvvisamente interrotte l’8 aprile, senza che il satellite, grande come un autobus, avesse mai dato segni di malfunzionamento. Tutti i tentativi di ristabilire i contatti si sono dimostrati inutili: il satellite, che continua silenzioso a percorrere la propria orbita, è stato osservato sia da terra che dallo spazio, ma nonostante ciò l’ESA non è riuscita a stabilire con chiarezza le cause dello spegnimento, forse un corto circuito. In ogni caso, nonostante ci siano poche speranze di ristabilire i contatti, si continueranno a fare altri tentativi fino a luglio. I successori di Envisat saranno i piccoli satelliti Sentinel il primo dei quali verrà lanciato nel 2013.