Makemake è un pianeta nano, come Plutone, e si trova al di là dell’orbita di quest’ultimo. La sua lontananza, le dimensioni ridotte (il diametro è circa la metà di quello della Luna), il fatto che non brilli di luce propria ma rifletta quella del Sole, lo rendono un oggetto difficile da osservare. Bisogna avere pazienza e servirsi di ogni aiuto possibile, anche quello delle stelle. In altre parole, bisogna aspettare che il pianeta nano passi davanti, lungo la nostra linea di vista, a una delle stelle che stanno sullo sfondo. Anche se la stella si trova a parecchi anni luce di distanza, la sua luce viene bloccata dal passaggio, in questo caso, di Makemake. Studiando il comportamento della luce della stella, determinando se si affievolisce più o meno bruscamente quando il bordo del pianeta nano la blocca, è possibile capire se questo possegga o meno un’atmosfera. Questa osservazione è stata effettuata con tre telescopi dell’ESO, in Cile. Il risultato? Makemake non avrebbe intorno a sé un’atmosfera globale. Queste osservazioni hanno anche permesso di determinare la densità dell’oggetto: mediamente un centimetro cubo di Makemake pesa circa 1,7 grammi, è una densità inferiore a quella della Luna (3.3 g/cm3).
Li chiamano vuoti cosmici e potrebbero dirci se l’energia oscura esiste davvero. I vuoti cosmici sono regioni dell’Universo quasi del tutto prive di materia, grandi decine di milioni di anni luce. L’estensione di queste regioni dipende da vari fattori, tra i quali come lo spazio si sta espandendo. Quindi, se riuscissimo a determinare con accuratezza la forma di ogni regione di vuoto cosmico, potremmo stabilire con maggiore precisione se lo spazio si sta espandendo allo stesso modo un po’ ovunque o se lo sta facendo a velocità diverse a seconda della zona. Al momento sappiamo che l’Universo si sta espandendo sempre più velocemente, forse perché esiste una sfuggente energia oscura che sta gonfiando lo spazio. Determinare come lo spazio si sta gonfiando è quindi fondamentale per confermare o meno l’esistenza di questa energia. Obiettivo che potrebbe essere raggiunto con i grandi telescopi di nuova generazione. Grazie alle loro misure, sarà possibile ricostruire con precisione la forma dei vuoti cosmici già conosciuti e di scoprirne di nuovi. Molti astronomi sono ottimisti: potrebbero bastare meno di vent’anni per concludere questa lunga campagna di raccolta dati per risolvere il mistero dell’energia oscura.
DIETA LIGHT PER IL NOSTRO BUCO NERO
A giudicare dalle sue abitudini alimentari, il buco nero supermassiccio che si trova al centro della nostra Galassia non è vorace come altri suoi colleghi, in altri sistemi stellari. Pare che si limiti a sbocconcellare qualcosa di tanto in tanto. È quanto emerge dai dati ottenuti con il telescopio orbitante Chandra, sensibile alla radiazione X, dalla strumentazione sensibile agli infrarossi presso il Keck delle Hawaii e soprattutto dalla sonda NuSTAR, in orbita soltanto dallo scorso giugno. NuSTAR, infatti, ha colto il nostro buco nero mentre manifestava la sua presenza ovvero proprio nell’atto di inghiottire uno dei suoi bocconi. La materia inghiottita, nello spiraleggiare verso il buco nero, è stata sottoposta a enormi forze di marea, ha raggiunto temperature dell’ordine di 100 milioni di gradi e ha emesso la radiazione X osservata dalla sonda. La vista acuta di NuSTAR ci permetterè di monitorare questo genere di pasti e di capire perchè il nostro buco nero sia più pigro rispetto ad altri .
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