C’è voluta la moderna computer grafica per risolvere il mistero delle Pioneer, le due sonde NASA che da tempo stanno rallentando la loro corsa per cause finora sconosciute. Lanciate nei primi anni ’70, la Pioneer 10 e la Pioneer 11 hanno continuato a viaggiare dopo aver terminato le rispettive missioni, proseguendo verso i confini del Sistema solare. Dalle ultimi deboli trasmissioni ricevute ci si è accorti che le due sonde non erano distanti quanto dovevano essere. Qualcosa ne aveva rallentato la corsa.
Subito si sono susseguite le ipotesi più svariate, da una perdita di carburante a un errore nei calcoli, sino a spiegazioni estreme quali perturbazioni gravitazionali dovute alla presenza di masse oscure, variazioni nelle leggi fisiche o l’attraversamento di zone soggette ad alterazioni dello spazio-tempo. Ora i fisici portoghesi di Lisbona annunciano di aver trovato la soluzione. Il loro studio presuppone che le apparecchiature interne delle sonde stiano producendo calore che si disperde all’esterno. I fisici hanno ricostruito al computer questa situazione avvalendosi della tecnica dello Phong shading, utilizzata nella grafica tridimensionale per simulare le riflessioni da parte delle superfici.
Risultato: parte del calore disperso all’esterno colpisce e viene riflesso dalla parte posteriore dell’antenna di comunicazione, producendo una spinta opposta al senso di avanzamento. Per questo le due sonde stanno rallentando: i valori di diminuzione di velocità ottenuti al computer corrispondono a quelli effettivamente misurati nella realtà, lasciando così poco spazio alle altre spiegazioni.
2 PER UNA
Sono due stelle molto vicine fra loro e ruotano così velocemente l’una intorno all’altra da rappresentare un record: appena 39 minuti per completare un giro. Eppure non è questo il motivo che rende tanto interessante questa coppia di nane bianche, bensì il destino che le attende. In casi come questo, per gli astronomi è possibile fare previsioni molto attendibili su cosa accadrà, anche in un futuro lontano. Queste due stelle continueranno a ruotare sempre più freneticamente, avvicinandosi l’un l’atra fino a collidere, fra 37 milioni di anni. Il risultato non sarà un’esplosione perché le masse in gioco non sono sufficienti ad innescarla. Le due si fonderanno dando origine a una nuova stella che si “accenderà” grazie a reazioni di fusione dell’elio al suo interno. Le nane bianche sono stelle giunte alla fine del loro percorso evolutivo: grandi come la Terra, contengono una quantità di materia paragonabile a quella di cui è formato il Sole. In questo caso particolare la loro fine significherà un nuovo inizio.
LA TERRA NON È TONDA
Dopo un anno di lavoro il satellite GOCE, dell’Agenzia Spaziale Europea, ha realizzato una dettagliata mappa 3D della superficie nostro pianeta. Che la forma fosse approssimativamente sferica, dovuta all’azione automodellante della forza di gravità, lo sapevamo già. Il compito di GOCE era proprio quantificare questa approssimazione. Il risultato è che la vera forma della Terra non ha molto in comune con i rotondissimi mappamondi che usiamo per rappresentarla. Dato che la massa non è distribuita in modo uniforme nel mantello terrestre, succede che certi punti della superficie siano sottoposti a una attrazione gravitazionale maggiore di altri. In altre parole se il nostro mappamondo, oltre ad essere un po’ schiacciato ai poli, avesse delle ammaccature e qualche gobba…forse sarebbe una riproduzione più fedele. La superficie mappata da GOCE è quella dovuta alla sola azione della forza di gravità. Fenomeni come le maree, terremoti, oppure l’azione globale dei venti, modificano continuamente l’aspetto effettivo del geoide: ora, grazie al modello ottenuto da GOCE, abbiamo un riferimento fisso a partire dal quale quantificare tutte le variazioni globali e studiarle.