Un altro giallo spaziale ha trovato soluzione. Al centro del caso: la luce delle stelle. Analizzandola, gli astronomi ottengono numerose informazioni. Compresa la certezza che in molti casi, lungo il tragitto tra la stella e noi,la luce attraversi nubi di gas interstellare, venendone in parte assorbita. Eppure qualcosa ancora non tornava: alcuni tipi di assorbimento non coincidevano con quelli che ci aspettava. Come se la luce avesse attraversato nubi costituite da materia interstellare non identificata.
Dopo decenni di ipotesi e studi, i ricercatori hanno finalmente la risposta grazie all’utilizzo di un nuovo laboratorio denominato Camera di Simulazione Cosmica. La Camera è servita per ricreare al suo interno condizioni analoghe a quelle dello spazio interstellare. Sono quindi state immesse molecole di vario tipo e poi fatta passare la luce. In questo modo si sono identificate le particelle responsabili degli assorbimenti non identificati: si tratta di comuni idrocarburi policiclici aromatici, ovvero molecole contenenti carbonio. Già da tempo queste particelle erano le principali sospettate ma solo ora ne abbiamo avuto conferma perché era necessario ottenere la controprova in laboratorio.
Se la soluzione di questo caso non ha riservato clamorosi colpi di scena, è ancora tutto da vedere come si concluderà il giallo di un’altra materia non ancora identificata,quella oscura: sappiamo che c’è per via delle perturbazioni gravitazionali che esercita sulla materia visibile. Ma non è costituita da particelle ordinarie, come le molecole aromatiche. Piuttosto sembra essere formata da qualcosa di molto meno comune e molto più sfuggente: forse particelle previste dalla teoria non ancora rivelate, o forse particelle del tutto sconosciute. Almeno in questo caso possiamo dire che i sospetti non sono i soliti.
MARTE FRETTOLOSO
Il pianeta Marte si sarebbe formato molto rapidamente, ma a causa di questa fretta è rimasto piccolo. È quanto emerge dai risultati di un nuovo studio. A partire dall’analisi della composizione di una ventina di meteoriti marziani, sono stati ottenuti dati che hanno permesso di effettuare simulazioni al computer molto attendibili. Ne è emerso che Marte, per formarsi, ha impiegato fra i 2 e i 4 milioni di anni: un tempo estremamente ridotto se confrontato con quello che, secondo le stime, è stato impiegato dalla Terra. Al nostro pianeta, di milioni di anni ne sono serviti fra i 50 e i 100: un periodo turbolento a causa di scontri e collisioni con altri corpi rocciosi, delle dimensioni di piccoli pianeti. Per Marte questi violenti incontri non ci sono stati: il risultato è che si è formato in fretta e in relativa tranquillità. Una formazione senza scontri però, non gli ha permesso di aumentare le sue dimensioni, né di acquisire molte altre complesse caratteristiche che lo avrebbero potuto rendere un pianeta più simile al nostro.
CIAO SPIRIT
Il 25 maggio la NASA ha dichiarato ufficialmente conclusa la missione di Spirit, l’esploratore robotico rimasto operativo per ben 6 anni su Marte. Una missione, quella del rover, che è stata un successo al di là di ogni aspettativa, soprattutto se si pensa che, stando ai piani originari, avrebbe dovuto durare appena sei mesi. Spirit ha percorso in questi anni quasi 8 Km, analizzando rocce e suolo, è stato il primo dispositivo automatizzato a scalare e raggiungere la vetta della collina di un altro pianeta. Ha continuato a muoversi anche con una ruota immobilizzata e a inviare dati anche dopo essere rimasto intrappolato in una sorta di trappola di sabbia dalla quale non è più riuscito a liberarsi. È ancora lì, ma dal 22 marzo 2010, non ci sono più stati contatti: i pannelli solari, in quella posizione sfavorevole, non sono riusciti a raccogliere l’energia sufficiente a garantire il livello di funzionamento minimo. Spirit lascia una enorme quantità di dati su cui ci sarà molto da lavorare. Ora la NASA dedicherà le sue attenzioni a Opportunity, il gemello di Spirit, ancora operativo.