I partecipanti erano 52, i finalisti solo tre. Parliamo del concorso Cosmic Vision dell’Agenzia Spaziale Europea, nato per selezionare missioni scientifiche da lanciare nello spazio a partire dal 2017. A tutte e tre le missioni in finale partecipa l’Istituto Nazionale di Astrofisica. Solo due però vinceranno il concorso.
La prima finalista si chiama Euclid. Cercherà di far luce sulla natura dell’ energia oscura, che per ora ci è ancora sconosciuta. Andrea Cimatti, uno dei responsabili della missione:
“Simultaneamente possiamo capire se quella che noi chiamiamo energia oscura è effettivamente energia oscura oppure è una variazione della validità della teoria della relatività generale su grandi scale in tempi cosmici diversi dal nostro.”
Seconda finalista: PLATO. A descriverla il responsabile italiano Giampaolo Piotto:
“PLATO è una missione dell’Agenzia Spaziale Europea che si occuperà della ricerca di pianeti extrasolari. In particolare si occuperà della ricerca di pianeti di tipo terrestre, quindi con dimensioni simili alla Terra, in posizioni tali da poter avere acqua allo stato liquido, condizioni quindi ottimali per la formazione di forme di vita per come noi le conosciamo.”
Terza finalista: Solar Orbiter. Obiettivo: studiare da vicino il Sole e la sua attività, che influenza in modo più o meno forte anche il nostro pianeta. L’Italia partecipa fornendo strumenti di alta tecnologia. Ester Antonucci, responsabile dello strumento METIS/COR:
“Si potrà studiare la struttura fine della nostra stella perché il mistero dei processi che scaldano la corona solare e che accelerano il vento solare sta proprio nella piccola scala. Inoltre osservando con l’eliosismologia cosa succede nello strato interno sotto i poli del Sole si potrà capire definitivamente come si forma il campo magnetico, che sappiamo essere fondamentale per comprendere l’attività solare e quindi prevedere gli effetti sulla magnetosfera della Terra e su tutta l’eliosfera.”
Chi conquisterà i primi due posti? Noi non sapremmo quali scegliere, e voi?
COMETA ESPLOSIVA
17P/Holmes è la cometa che nel 2007 ha sorpreso tutti: si sapeva del suo passaggio, ma nessuno immaginava che sarebbe stata un milione di volte più brillante del previsto. Un aumento di luminosità tanto notevole quanto inaspettato conseguenza di un’esplosione paragonabile a quella di una piccola bomba atomica. Secondo un nuovo studio la colpa è del ghiaccio d’acqua, il principale ingrediente delle comete. Sappiamo per esperienza che il ghiaccio di certo non esplode, ma quello che conosciamo noi ha una regolare struttura cristallina. Nelle comete, che si sono formate ai confini del Sistema solare, a centinaia di gradi sotto lo zero, la struttura del ghiaccio è del tutto disordinata. A questo ghiaccio amorfo basta raggiungere i -133°C per scaldarsi e cominciare ad assumere l’ordinata struttura cristallina. Questa mutazione può liberare gas imprigionati nel ghiaccio, causare sbalzi di pressione e rilasciare calore, innescando una reazione a catena. Di qui l’esplosiva formazione di crepe sulla superficie e il rilascio di gas e vapore con conseguente aumento della luminosità.
OCCHIO AL PORTAFOGLIO
I tagli ai fondi aguzzano l’ingegno, soprattutto se si tratta di riciclare progetti già esistenti ma che non potranno essere finanziati. Succede alla NASA per la capsula di salvataggio Orion, parte del progetto Constellation recentemente cancellato. La capsula ha il compito di portare in salvo gli astronauti che si trovino a bordo di un razzo, nel caso in cui qualcosa vada storto durante la fase di lancio. Il progetto continuerà ad essere sviluppato perché le agenzie spaziali private puntano in alto e potrebbero essere disposte a finanziare ciò che la NASA non può permettersi. Nel frattempo si pensa ad altri progetti economici: serve espandere la Stazione Spaziale? L’agenzia americana non scarta l’idea dei moduli gonfiabili: più leggeri da portare in orbita, più spaziosi una volta gonfiati e soprattutto meno costosi.