Tra i pianeti della nostra galassia c’è forse un intruso. Lo hanno individuato gli astronomi all’interno del gruppo di Helmi, un insieme di stelle con orbite anomale. Probabilmente il gruppo è ciò che rimane di una piccola galassia inglobata dalla nostra tra i sei e i nove miliardi di anni fa. E proprio una di queste stelle ha mostrato i segnali che attorno ad essa orbita un pianeta gigante gassoso che potrebbe essersi formato quando la piccola galassia doveva ancora essere ingoiata.
Se così fosse, avremmo individuato il primo pianeta di origine extragalattica. Anche se il titolo è conteso da un altro oggetto che si trova nella vicina galassia di Andromeda: la sua presenza è stata dedotta lo scorso anno ma ancora non abbiamo la conferma che si tratti proprio di un pianeta.
Al di là del primato conteso resta il fatto che stiamo trovando i primi indizi dell’esistenza di pianeti anche nelle altre galassie. Un risultato prevedibile che aumenta a dismisura il numero di sistemi planetari esistenti nell’Universo. E ci fa sperare che prima o poi giunga l’annuncio di un altro primato, ben più sospirato: l’aver trovato il primo pianeta simile al nostro, con acqua allo stato liquido e un atmosfera respirabile.
COMETE: RUBATE O FATTE IN CASA?
Secondo nuove ed elaborate simulazioni al computer, la maggior parte delle comete del Sistema solare costituirebbe “merce rubata”. In origine sarebbero appartenute a stelle del nostro vicinato. L’ipotesi alla base della simulazione è che all’epoca della sua formazione il Sole facesse parte di una numerosa comunità di stelle, tutte originatesi dalla stessa nube di gas, sufficientemente vicine fra loro da rubarsi a vicenda gli oggetti più periferici, ovvero le comete. Questa teoria del furto si contrappone a quella delle “cose fatte in casa”, secondo la quale, così come i pianeti , anche le comete si sarebbero formate a partire dal materiale che orbitava intorno al Sole. I ricercatori che hanno condotto la simulazione sostengono, tuttavia, che le nostre comete siano troppe, si stima circa 400 miliardi, per poter essere tutte farina del nostro sacco. Se così fosse, stando ai calcoli, dovrebbero essere appena 6 miliardi. La teoria del furto deve trovare conferme, ma se fosse esatta, significherebbe che studiare le comete equivale ad indagare non solo sul passato del Sistema solare, ma anche su quello di altre stelle.
A VOLTE RITORNANO
A volte ritornano o, perlomeno, sembra che stiano per farlo. Si tratta di una delle più vistose strisce scure di Giove: era stata per lungo tempo una caratteristica evidente dell’emisfero sud del pianeta, punto di riferimento anche per le osservazioni con telescopi amatoriali. Poi è scomparsa: se ne sono accorti gli astronomi, professionisti e non, ad aprile di quest’anno quando, tornato sulle scene dopo un periodo in cui non era stato possibile osservarlo, Giove ha sorpreso tutti mostrandosi con una striscia in meno. In realtà, si è capito quasi subito che la fascia scura è ancora lì, anche se nascosta da strati gassosi più chiari, ricoperta da nubi di ammoniaca ghiacciata. Ora, un astronomo dilettante, Christopher Go, ha osservato le prime avvisaglie di un nuovo cambiamento: una macchia chiara e brillante nella zona in cui si trova la striscia nascosta. Osservazioni più accurate fatte con i grandi telescopi confermano che, per così dire, il vento sta cambiando nuovamente. Nell’emisfero sud del turbolento pianeta sono in atto grandi rimestamenti di gas e, stando agli indizi osservativi, sembra che le nubi chiare stiano gradualmente lasciando intravedere la grande striscia scura. Fra vento, chimica e gas, sembra che Giove stia tornando al suo vecchio aspetto.