Nel centro di Andromeda abbondano i buchi neri. La conclusione giunge dai telescopi spaziali Chandra e Newton. I due telescopi non hanno visto direttamente i buchi neri ma ne hanno dedotto la presenza dagli effetti che producono sulle stelle vicine. Risultato: nelle zone centrali di Andromeda i buchi neri devono essere a decine. Andromeda dista oltre due milioni di anni luce ed è la galassia più vicina alla nostra Via Lattea. Nel centro esatto c’è un buco nero gigante. Attorno a questo orbitano nubi di gas e stelle, alcune superiori in massa al nostro Sole. Sono proprio queste stelle che al termine della loro evoluzione scoppiano come supernovae. Se la parte centrale sopravvive all’esplosione inizia a contrarsi formando una piccola stella di neutroni. E se questa stella ha molta massa, inizia ad incurvare lo spazio attorno a sè sino a formare un buco nero. Andromeda è il doppio della nostra galassia e contiene molta più materia e molte più stelle. Per questo ci si aspetta che il numero di buchi neri sia maggiore rispetto a quello della Via Lattea. Una previsione che ora ha trovato la sua conferma.
COSI’ PICCOLO E COSI’ LONTANO
Per chi va alla ricerca di nuovi pianeti le sorprese non mancano mai e questa volta arrivano dai dintorni di una stella nana rossa. Si trova a 176 anni luce di distanza, in direzione della costellazione dell’Idra ed è stata osservata da un gruppo di ricercatori del Telescope Science Institute, Baltimora, utilizzando il Telescopio Spaziale Hubble. La stella è circondata da un disco di gas e polveri nel quale è stata evidenziata una intercapedine, un sottile anello vuoto: come se ci fosse un pianeta in formazione, che ruba e aggrega su di sé il materiale circostante. Un po’ come fa una palla di neve che rotola e cresce accumulando altra neve. Fino a qui niente di strano, se non fosse che questo presunto nuovo pianeta si sta formando troppo distante dalla stella, a circa 80 volte la distanza Terra-Sole, il doppio di quanto dista Plutone dal Sole. La stella è troppo piccola e troppo giovane per avere intorno a sé un pianeta così lontano. TW Hydrae, questo il suo nome, ha solo 8 milioni di anni: perché un pianeta possa formarsi lì dove si sospetta la sua presenza, serve molto più tempo. Alla distanza osservata la quantità di gas e polveri a disposizione è minore di quanto sia nelle zone più interne. Inoltre, a questa distanza dalla stella, anche la velocità di rotazione è inferiore, per cui il processo di accrescimento richiede più tempo. Se il pianeta in formazione c’è davvero, e serviranno osservazioni con le antenne di ALMA e con il futuro James Webb Telescope per avere la conferma definitiva, bisognerà rivedere pesantemente le attuali teorie sulla formazione planetaria perché per esse un caso del genere non dovrebbe esistere.
SBALZI DI TEMPERATURA SU MARTE
Un inatteso comportamento nella atmosfera di Marte viene messo in evidenza da uno studio in corso di in corso di pubblicazione sulla rivista Geophysical Research Letters . Un gruppo di ricercatori ha infatti osservato che le temperature registrate nell’esile guscio di gas che avvolge il Pianeta rosso salgono e scendono regolarmente non una ma due volte ogni giorno. “Registriamo un massimo della temperatura verso la metà del giorno, ma anche un altro appena dopo la mezzanotte” dice Armin Kleinbohel del Jet Propulsion Laboratory della NASA, che ha guidato la ricerca.
I dati alla base dello studio sono stati raccolti dallo strumento Mars Climate Sounder a bordo del Mars Reconnaissance Orbiter della NASA più volte nel corso di numerosi giorni e notti marziane, mostrando che i valori massimi e minimi delle temperature oscillano in un intervallo di 32 kelvin. Anche sulla Terra avvengono fenomeni simili ma di entità nettamente più contenuta e limitata alla bassa atmosfera. Su Marte, che possiede un’atmosfera pari a un centesimo di quella terrestre, questi effetti sono molto più marcati e diffusi su scala globale. L’effetto semi diurno (che presenta cioè due cicli nell’arco della stessa giornata) dell’oscillazione delle temperature nell’atmosfera del Pianeta rosso era stata già osservata negli anni ’70 del secolo scorso, ma finora era ritenuta manifestarsi solo durante stagioni in cui una cospicua presenza di polveri nell’atmosfera.
“Siamo stati davvero sorpresi di osservare queste doppie oscillazioni giornaliere anche in periodi di assenza di polveri nell’atmosfera di Marte e così ci siamo interrogati su quali potessero essere le cause di questo fenomeno” continua Kleinbohel. Secondo il team di ricercatori la risposta va cercata nelle nuvole di cristalli di ghiaccio d’acqua che per gran parte dell’anno solcano i cieli di Marte. Quelle che si trovano nella regione equatoriale a un’altezza compresa tra 10 a 30 km assorbono la luce infrarossa emessa dalla superficie durante il giorno. Queste nuvole sono relativamente trasparenti e tenui come i cirri terrestri. Tuttavia, la radiazione assorbita da queste nubi è sufficiente per riscaldare ogni giorno gli strati intermedi dell’atmosfera e produrre l’andamento semi-diurno della temperatura, come hanno confermato le simulazioni realizzate con modelli climatici su Marte che includevano gli effetti radiativi prodotti delle nubi di ghiaccio d’acqua.
“Pensiamo a Marte come a un mondo freddo e secco con poca acqua, ma in realtà c’è più vapore acqueo nell’atmosfera marziana che negli strati superiori di quella terrestre” spiega Kleinboehl. “Sappiamo già che le nuvole di cristalli di ghiaccio d’acqua si formano nelle regioni più fredde del pianeta, ma finora gli effetti di queste nubi sull’andamento della temperatura su Marte non erano stati presi in considerazione. Oggi sappiamo che non dovremo trascurare questo aspetto se vorremo capire come funziona l’atmosfera di Marte”.
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