Non ci sono solo The Master, il Lincoln di Steven Spielberg e il nuovo film di Quentin Tarantino tra le nuove uscite cinematografiche di queste settimane. Dalla NASA arriva infatti (non nelle sale, ma sul web) un film con protagonista una stella di eccezione (e non è un modo di dire, per una volta). Si tratta di un breve ma straordinario video basato sui dati del telescopio a raggi X Chandra, che ha per protagonista la celebre pulsar delle Vele, una stella di neutroni posta a circa 1000 anni luce dalla Terra (visibile appunto nella costellazione delle Vele, creata dal collasso di una stella di grande massa e che ruota su se stessa ogni 89 millisecondi, proiettando attorno a sé particelle cariche.
Il filmato è fatto di otto immagini, a loro volta basate sui dati in radiazione X ottenuti da Chandra dal giugno al settembre del 2010, e mostra i getti di particelle prodotte dalla rotazione della stella di neutroni. I dati mostrano (e il filmato lo rende particolarmente evidente) che la pulsar sembra oscillare sul suo asse come una trottola (precessione è il termine tecnico) mentre ruota su se stessa. I ricercatori stimano che il periodo di precessione, appunto una rotazione completa dell’asse di rotazione, sia di 120 giorni. Sarebbe la prima volta che un comportamento di questo tipo è osservato in una stella di neutroni. La causa della precessione potrebbe essere che la stella non è più di forma perfettamente sferica, per effetti della rapida rotazione e degli improvvisi aumenti della velocità causati dall’interazione tra il nucleo superfluido e la crosta.
Questo film è in realtà un sequel. Nel 2003 la NASA realizzò un’altra ripresa della pulsar delle Vele. uno basato però su un numero molto minore di osservazioni, non abbastanza da evidenziare l’effetto di precessione.
L’articolo con i risultati dello studio sarà pubblicato il 10 gennaio su The Astrophysical Journal
Fomalhaut è una stella che si trova a 25 anni luce di distanza dalla Terra, come dire dietro l’angolo. Forse anche per questo è un oggetto celeste a cui dedicare molta attenzione. Lo dimostrano due recenti risultati scientifici che hanno proprio per oggetto questa stella e il suo sistema. Fomalhaut è la stella più brillante della costellazione del Pesce Australe ed è circondata da un gigantesco cerchio di polveri all’interno del quale vi sono almeno due pianeti.
Fa riferimento a questi due pianeti il primo risultato scientifico che vi raccontiamo e che è stato annunciato dall’ESO, lo European Southerne Observatory, mettendo in risalto che è anche il primo ottenuto con il telescopio ALMA, l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array, un nuovo osservatorio ancora in fase di costruzione. Secondo gli astronomi che hanno utilizzato i dati di questo telescopio i pianeti in orbita intorno alla stella Fomalhaut devono essere molto più piccoli di quanto si pensasse inizialmente.
La scoperta – dice ESO – è stata resa possibile dalle immagini eccezionalmente nitide ottenute con ALMA dell’anello di polvere in orbita intorno a Fomalhaut che mostrano come sia il bordo interno che quello esterno di questo sottile disco siano netti, ben delineati. Questo fatto, insieme con simulazioni al computer, ha portato gli scienziati a concludere che le particelle di polvere nel disco vi sono trattenute dall’effetto gravitazionale di due pianeti – uno interno e uno esterno all’anello.
I loro calcoli indicano anche la probabile dimensione dei pianeti, non più grandi di qualche volta le dimensioni della Terra. Queste dimensioni sono molto più piccole di quelle che gli astronomi avevano finora ipotizzato. Non solo, ma l’enorme distanza dalla loro stella madre (l’anello dista dalla stella circa 140 volte la distanza Terra-Sole) li rende “i pianeti più freddi mai trovati in orbita intorno ad una stella normale”, secondo Aaron Boley dell’Università della Florida.
Questa giovane stella, ancora nella fase di formazione del suo sistema, è finita sotto osservazione anche del satellite dell’ESA Herschel. In particolare il disco di polvere che si trova al limite del suo sistema, una sorta di Cintura di Kuiper, quella che si trova oltre Plutone, al confine del nostro Sistema solare.
L’anomalia, se tale si può definire, è che Herschel nel rilevare le dimensioni dei grani di questa cintura di polvere, ne ha riscontrato l’estrema piccolezza e che per questo non dovrebbero esserci. Dovrebbero infatti essere dispersi nel cosmo per effetto dell’intensità della luce emessa dalla stella Fomalhaut. Eppure ci sono e questo è possibile, secondo gli scienziati che hanno elaborato le informazioni raccolte con il telescopio spaziale dell’ESA, solo se tale “bacino” di polvere è continuamente reintegrato da nuovi grani, frutto di continue collisioni e relative disintegrazioni di asteroidi e comete. Duemila collisioni al giorno di oggetti della dimensione di un chilometro di diametro.
Non è fatto di vinile come i vecchi ‘33 giri’ né di policarbonato e metallo come i più recenti compact disc, ma è destinato a scalare rapidamente la hit parade, quella delle scoperte astronomiche più significative del 2012. Il disco che è stato identificato da un team guidato da ricercatori italiani e dell’INAF è fatto di polveri con grani che raggiungono le dimensioni del millimetro e circonda una stella, o meglio una quasi stella: la nana bruna Rho-Oph 102, che si trova in direzione della costellazione di Ofiuco. La scoperta è sorprendente perché gli astronomi non ritenevano possibile che un simile agglomerato di polveri di queste dimensioni potesse esistere attorno a un oggetto celeste così piccolo, in cui potrebbero formarsi successivamente pianeti di tipo roccioso. Potrebbe essere quindi necessario un ripensamento delle attuali teorie sulla formazione dei pianeti extrasolari rocciosi che, alla luce di questa scoperta, ottenuta grazie ai dati raccolti dal telescopio ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) sarebbero molto più numerosi di quanto finora ritenuto.
“Spiegare la presenza di un disco di polvere con queste caratteristiche attorno ad una stella così piccola è davvero difficile nel quadro della nostra attuale comprensione sulla formazione dei pianeti” dice Leonardo Testi, astronomo dell’INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri attualmente in forza all’ESO, che con la sua collega Antonella Natta, sempre della struttura di ricerca fiorentina, ha partecipato alla scoperta, i cui risultati sono stati appena pubblicati on line in un articolo della rivista The Astrophysical Journal. “Un risultato che viene da lontano, frutto di una decennale attività di ricerca avviata dal personale dell’Osservatorio di Arcetri con le osservazioni del Telescopio Nazionale Galileo e del VLT. E grazie alle eccezionali doti di sensibilità che possiede ALMA siamo finalmente giunti a questa scoperta”.
L’oggetto celeste attorno al quale è stato scoperto il disco di polveri è la giovane nana bruna ISO-Oph 102, nota anche come Rho-Oph 102, che si trova nella regione di formazione stellare Rho Ophiuchi. Di massa circa 60 volte quella di Giove, ma solo 0,06 volte quella del Sole, la nana bruna è troppo piccola per innescare le reazioni termonucleari che producono la luce delle stelle ma emette tuttavia calore, che è generato dalla sua lenta contrazione gravitazionale, e brilla così di un colore rossastro, molto più debole di una stella normale.
Un obiettivo scientifico ideale per esaltare le qualità di ALMA, che raccoglie la luce di lunghezza d’onda intorno al millimetro, proprio quella emessa dal materiale del disco riscaldato dalla nana bruna. I grani del disco non emettono molta radiazione a lunghezze d’onda maggiori della propria dimensione, perciò si misura una brusca diminuzione di luminosità alle lunghezze d’onda più lunghe. ALMA è uno strumento perfettamente in grado osservare con precisione questa decrescita e misurare così le dimensioni dei grani. Gli astronomi hanno confrontato la luminosità del disco a lunghezze d’onda di 0,89 mm e 3,2 mm. Il calo di luminosità tra 0,89 mm e 3,2 mm non era così ripido come previsto, mostrando così che almeno alcuni dei grani hanno dimensione di un millimetro o più.
Il livello di dettaglio raggiunto dalle osservazioni di ALMA, molto migliore dei telescopi precedenti, ha permesso all’equipe anche di identificare la presenza di monossido di carbonio intorno alla nana bruna. Anche questo è un record, poiché è la prima volta in cui del gas molecolare freddo è stato rivelato in un disco di questo tipo. Questa scoperta, insieme a quella delle dimensioni dei grani di polvere, suggerisce che il disco sia molto più simile di quanto si sospettasse a quelli intorno alle stelle giovani.
Nonostante questi risultati di grande rilievo, ALMA non è ancora nel pieno delle sue potenzialità scientifiche, che raggiungerà nel prossimo anno, quando saranno operative tutte le 66 antenne che comporranno la sua configurazione definitiva. Nel prossimo futuro, una volta completato, ALMA sarà così potente da ottenere immagini dettagliate del disco di Rho-Oph 102 e di altri oggetti. “Saremo presto in grado non solo di rivelare la presenza di piccole particelle nei dischi, ma anche di costruire una mappa della loro distribuzione nel disco circumstellare e di spiegare come interagiscono con il gas da noi trovato nel disco. Questo ci aiuterà a comprendere meglio come si formano i pianeti” sottolinea Luca Ricci, astronomo italiano del California Institute of Technology, USA, che ha guidato la scoperta.
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