Di possibili pianeti solitari che vagano nello spazio abbiamo sentito parlare. Ma pianeti intrappolati tra due stelle, che passano da una all’altra come una pallina da ping pong, questa è una novità. Lo scenario viene da un nuovo studio basato su complesse simulazioni per calcolare cosa può accadere a un pianeta che si trova in un sistema binario, ovvero formato da due stelle in orbita una attorno all’altra. E’ così emerso che in particolari circostanze un pianeta può sfuggire all’attrazione di una stella solo per essere catturato dall’attrazione dell’altra. Un passaggio che avviene più volte, come fosse una pallina da ping colpita dalle due racchette. Questo rimbalzo può durare sino a un milione di anni. Oltre questo tempo, concludono le simulazioni, è sempre più probabile che il pianeta riesca ad essere espulso dal sistema, trovandosi finalmente libero di vagare nello spazio. Oppure, per sua sfortuna, che tra un rimbalzo e l’altro si ritrovi ad essere inghiottito da una delle due stelle.
LA PIGRIZIA DI VENERE
Fra i pianeti del Sistema solare che impiegano più tempo a girare su sè stessi, il primato spetta a Venere che, da questo punto di vista, se la prende molto comoda. Se alla Terra, per completare un giro intorno al proprio asse bastano 24 ore, a Venere, per concludere la propria giornata, servono ben 243 giorni terrestri. Certo deve sembrare che il tempo non passi mai e secondo nuovi risultati, non si tratta di una semplice impressione: su Venere le giornate si sono addirittura allungate. Confrontando i dati ottenuti negli anni ’90 dalla sonda Magellan con quelli della sonda Venus Express, attualmente in orbita intorno al pianeta, è emerso che Venere ha rallentato la propria rotazione. Di conseguenza è aumentata la durata totale di una giornata: 6 minuti in più, 6 minuti di attesa extra fra un’alba e la successiva. Una manciata di minuti sembra poca cosa da aggiungere agli interminabili 243 giorni. Bisogna però considerare che questo rallentamento si è verificato nel corso di appena 20 anni: un comportamento inatteso che cerca spiegazione. Una possibile ipotesi vede coinvolta la densa atmosfera del pianeta che lo avvolge come una coperta gassosa: è probabile che le sue turbolenze, i suoi moti ondulatori, abbiano prodotto attriti con la superficie solida che hanno poi portato al rallentamento osservato.
ASTEROIDI NEL MENU’ DEL BUCO NERO
Forse le rocce sono un po’ indigeste, o forse meritano un apprezzamento particolare: in ogni caso sembra che, se a inghiottirle è un buco nero, la loro fine non passi del tutto inosservata. Il vorace buco nero in questione è quello che si anniderebbe al centro della nostra galassia, lo strumento orbitante che studia cosa succede da quelle parti è il telescopio Chandra, sensibile ai raggi X, mentre il pasto roccioso sarebbe costituito da una generosa quantità di asteroidi. Questi potrebbero spiegare perchè la radiazione X proveniente dal centro galattico faccia di tanto in tanto registrare dei picchi molto intensi. Nel seguire il flusso di materia che viene inghiottita dal buco nero, gli asteroidi sarebbero sottoposti a forti attriti che li farebbero vaporizzare: in questa fase verrebbe prodotta la radiazione X registrata da Chandra.