Mercurio ci mostra tutti i dettagli grazie alle immagini ravvicinate della Messenger. La sonda della NASA ha cominciato a studiare il primo pianeta del Sistema solare, e in poco tempo ha già fornito oltre un migliaio di riprese della superficie, rivelando particolari curiosi.
Come nel caso dell’immagine di una regione vicina al polo nord, caratterizzata da un’intensa presenza di crateri. Si tratta in questo caso di crateri secondari, che non sono stati prodotti da impatti diretti ma dalla caduta di materiale sollevato da un precedente unico grande impatto, avvenuto in una zona circostante. L’immagine è stata ottenuta da un’altezza di 450 chilometri utilizzando la Wide Angle Camera. E’ uno strumento in grado di effettuare riprese in undici diverse bande dello spettro elettomagnetico, attraverso appositi filtri montati su una ruota girevole che permette di cambiare al volo il filtro in uso.
Nella pratica verranno utilizzati solo otto filtri alla volta: da una parte per limitare la quantità di dati immagazzinati dalla memoria a stato solido, evitandone così la saturazione; dall’altra perché la velocità orbitale della Messenger non le permette di alternare tutti i filtri prima che la zona di interesse sia stata sorpassata. Otto filtri bastano comunque per mettere in rilievo i particolari e soprattutto per determinare quali elementi sono presenti sulla superficie. Con tutti questi dati sarà possibile conoscere a fondo non solo Mercurio e la sua storia ma più in generale l’evoluzione dei pianeti rocciosi. Un passo necessario per capire la storia e l’evoluzione anche del nostro pianeta.
Anche se di pianeti in orbita intorno ad altre stelle ne sono stati scoperti a centinaia, ancora nessuno può essere definito abitabile con assoluta certezza. Bisogna continuare a cercare, ma dove? I risultati di uno studio recente fornirebbero proprio queste preziose indicazioni. Pianeti extrasolari con buone probabilità di offrire condizioni favorevoli alla vita, potrebbero trovarsi in orbita intorno alle nane bianche. Si tratta di un particolare tipo di stelle, giunte allo stadio finale del proprio percorso evolutivo: la loro massa è pari al 60% di quella del Sole, ma in quanto a volume sono grandi come la Terra. La fascia di abitabilità è molto stretta intorno a queste piccole stelle compatte. Significa che se una di queste possiede in orbita intorno a sé un pianeta roccioso che le sia sufficientemente vicino, è molto probabile che questo si trovi nelle giuste condizioni per essere abitabile. E un pianeta così vicino alla propria stella è alla nostra portata, perché i telescopi di cui disponiamo sono in grado di osservarlo. Il proposito, dunque, è puntare sulle nane bianche.
COS’È VESTA?
Si trova fra Marte e Giove, nella fascia degli asteroidi e, in mezzo a tanti, Vesta viene definito asteroide a sua volta. Ora però, con la sonda Dawn della NASA prossima a posizionarsi in orbita intorno a questo corpo roccioso, è il momento di fare chiarezza. A parte la posizione in cui si trova, ha poco in comune con gli altri asteroidi: questi in genere hanno diametri che non superano i 100 km, mentre Vesta, con i suoi 530, è decisamente più corposo. Dimensioni a parte, ci sono differenze sostanziali anche dal punto di vista della struttura: contrariamente a quanto succede per gli asteroidi, Vesta possiede nucleo, mantello e crosta, proprio come la Terra, Marte e Venere. A questo punto sarà necessario definire “che cos’è”. I ricercatori che seguono la missione Dawnlo definiscono un protopianeta. Grazie alla sonda americana, entro breve tempo a avremo molte nuove informazioni su Vesta e a quel punto sarà davvero il momento di scegliere una nuova “etichetta” per classificarlo.