Le piante com’è noto sono un ottimo modello dei “dispositivi” di conversione dell’energia luminosa, non solo il termini di efficienza ma anche di affidabilità.
Ora, dopo decenni di ricerche in questa direzione, i ricercatori del MIT di Boston sono riusciti per la prima volta a riprodurre artificialmente questi aspetti in un dispositivo fotovoltaico.
Uno dei problemi nello sfruttamento della luce solare è che i raggi del Sole possono essere altamente distruttivi per molti materiali. La luce solare porta infatti a una graduale degradazione di molti sistemi sviluppati per sfruttarne l’energia. Per superare questo ostacolo, le piante hanno evoluto una strategia estremamente interessante: scindono e riassemblano perpetuamente le molecole che catturano la luce, che così in sostanza risultano sempre nuove.
Il processo è stato ora riprodotto da Michael Strano, professore di ingegneria chimica e dal suo team che hanno realizzato un inedito insieme di molecole in grado di autoassemblarsi e di convertire la luce in elettricità. Esse possono essere continuamente disgregate e riassemblate semplicemente con l’aggiunta di un solvente.
Come riferito in un articolo sulla rivista Nature Chemistry, Strano e colleghi hanno prodotto “dischi” di natura fosfolipidica che costituiscono un supporto strutturale per altre molecole in grado di reagire alla radiazione luminosa formando strutture chiamate centri di reazione, che rilasciano elettroni una volta investite dalla luce.
I dischi sono posti in una soluzione in cui si legano spontaneamente a nanotubi di carbonio che li tengono in un allineamento uniforme in modo che i centri di reazione possano essere esposti alla luce uno alla volta e fungano anche da cavi in grado di raccogliere e incanalare il flusso di elettroni emessi dalle molecole reattive.
Il sistema di Strano e colleghi è costituito da sette differenti composti, inclusi i nanotubi di carbonio, i fosfolipidi e le proteine che costituiscono i centri di reazione e che sotto le opportune condizioni si assemblano in una struttura in grado di raccogliere la luce e produrre una corrente elettrica. Quando viene aggiunto un surfattante, questi sette composti si separano gli uni dagli altri.
Rimuovendo il surfattante con una membrana, i composti tornano ad assemblarsi spontaneamente in una fotocella perfettamente rinnovata.