Fare previsioni è difficile soprattutto se riguardano il futuro, pare abbia detto una volta Niels Bohr. Eppure sembra che il futuro di una qualunque tecnologia segua, almeno con una certa approssimazione, leggi ben precise. L’esempio classico di una previsione riuscita di questo tipo è la “legge di Moore” formulata nel 1965 da uno dei fondatori di Intel, Gordon Moore, secondo la quale le prestazioni dei microchip elettronici raddoppiano ogni 18 mesi. Ora, uno studio condotto da ricercatori del Massachusetts Institute of Technology e del Santa Fe Institute pubblicato sulla rivista “PLoS ONE” ha concluso che una legge analoga vale per tutte le tecnologie, almeno per quanto riguarda i loro costi, quindi non è confinata alla sola microelettronica.
La possibilità di fare previsioni sul progresso tecnologico è comprensibilmente di grande interesse, e a questo scopo sono stati già proposti diversi possibili modelli previsionali, su cui però erano stati effettuati pochi studi comparativi. Per colmare questa lacuna, Béla Nagy e colleghi hanno deciso di esaminare i sei modelli più accreditati in diversi settori tecnologici – le leggi di Moore, Wright, Wright ritardata, Goddard, SKC (Sinclair, Klepper e Cohen) e Nordhaus – e di applicarli retrospettivamente allo sviluppo di 62 differenti tecnologie che riguardano principalmente chimica, microelettronica ed energia, ma con esempi anche da altri ambiti, come la produzione della birra o la raffinazione dello zucchero.
Il confronto è avvenuto valutando l’andamento nel tempo dello scostamento tra costo di produzione unitario previsto dalle diverse leggi e costo di produzione storico reale per prodotti ottenuti con le tecnologie esaminate. La legge che si è dimostrata più precisa è quella di Wright, formulata nel 1936 dall’ingegnere aeronautico (e in seguito vice presidente della Cornell University)
Theodore P. Wright, per cui i costi diminuiscono esponenzialmente in funzione della produzione cumulativa. Seconda classificata è stata la legge di Moore che su un arco di tempo breve fornisce le stesse prestazioni della legge di Wright, ma che per periodi di previsione a più lunga scadenza diverge dai dati reali più rapidamente. Al terzo posto c’è la legge di Goddard, che differisce da quella di Wright per il fatto di considerare la produzione annuale al posto della produzione cumulativa. Gli autori dello studio osservano che la capacità di metodi differenti di generare previsioni simili tra loro è probabilmente legata al fatto che i parametri che diverse leggi prendono come riferimento – la produzione cumulativa (Wright), il tempo (Moore) e la produzione annuale (Goddard) – sono in qualche modo comunque correlati.
Queste previsioni, tuttavia, valgono per tecnologie che abbiano superato un periodo critico di rodaggio e possano affidarsi ai meccanismi di mercato, mentre non possono essere applicate a tecnologie del tutto nuove. Non è quindi possibile prevedere, per esempio, quali delle diverse tecnologie proposte per mitigare i cambiamenti climatici – che Nagy e colleghi hanno particolarmente a cuore – riusciranno a sopravvivere, dato che il loro successo dipende in misura significativa dalle politiche adottate dai governi.