UN PASSO avanti verso l’invisibilità. Un “mantello” che nasconde gli oggetti esiste da oggi nel laboratorio di fisica dell’università di Birmingham. Per questo grande salto dalla fantascienza alla realtà bisogna ringraziare le conchiglie e i loro cristalli di calcite. È infatti la loro capacità – a livello microscopico – di riflettere e rifrangere i raggi di luce in maniera del tutto particolare che crea l’illusione ottica di un oggetto cancellato dalla vista.
Chiamare “mantello” questo prototipo è in realtà esagerato: si tratta di una coppia di prismi di calcite affiancati l’uno all’altro delle dimensioni di un paio di centimetri. Funziona solo quando è colpito da un raggio di luce con determinata polarizzazione e incidenza, e per il momento non ha applicazioni pratiche. Ma è comunque la prima volta, spiegano i ricercatori guidati da Xianzhong Chen su Nature Communications di martedì, che si ottiene “un mantello di dimensioni tanto grandi da essere apprezzabili dal nostro occhio, capace di funzionare alla lunghezza d’onda della luce visibile e di nascondere oggetti tridimensionali. In pratica, abbiamo realizzato uno strumento che per la prima volta soddisfa la definizione corrente di mantello dell’invisibilità” e “apre la strada a future applicazioni con oggetti di più grandi dimensioni”. I prismi di calcite “trasformano una superficie con una sporgenza in una superficie piatta” e grazie alla loro
abbondanza in natura permettono di saltare “quel lungo processo di manipolazione dei nanomateriali” che veniva utilizzato finora.
La “ricetta” per costruire un mantello dell’invisibilità risale – ma solo come idea teorica – a cinque anni fa. Da allora in vari laboratori del mondo sono iniziati gli esperimenti per tradurre le formule fisiche scritte sulla carta in realtà. Solo pochi giorni fa, usando una tecnica simile, gli scienziati del Massachusetts Institute of Technology sono riusciti a rendere invisibile il logo “Mit” della loro università dopo averlo piazzato sotto ai prismi di calcite. Il loro esperimento è stato pubblicato su Physical Review Letters.
Prima della brillante soluzione fornita dalle conchiglie, al posto dei cristalli si usavano materiali costruiti pazientemente in laboratorio con le tecniche della nanotecnologia, cesellando le molecole al livello dei miliardesimo di metro. Questo processo ha portato negli anni passati a “mantelli dell’invisibilità” molto piccoli, osservabili solo con il microscopio.
Per ottenere un “mantello” bisogna creare strutture in grado di riflettere e curvare le radiazioni della luce in modo molto peculiare: piegando il loro percorso come se la luce provenisse dal retro dell’oggetto da nascondere anziché dalla sua parte frontale. I fisici usano spesso l’esempio di un sasso in mezzo al fiume: in un primo momento il flusso della corrente ne viene deviato, ma poi, man mano che oltrepassa il sasso, l’acqua torna a curvare fino a riprendere la direzione che aveva prima, come se l’ostacolo non fosse mai esistito. Fino alla scoperta dei cristalli delle conchiglie, si credeva che materiali capaci di manipolare e piegare i raggi luminosi in maniera simile non esistessero in natura. In realtà i cristalli delle conchiglie erano a portata di mano. Bastava solo guardare meglio.
Fonte: repubblica.it