Ogni giorno una nuova emozione con New Horizons e sarà così ancora per molti mesi. La sonda della NASA (lanciata nove anni fa alla volta di Plutone) invia dati e immagini uniche che ci fanno conoscere nel dettaglio il pianeta nano Plutone e il sistema delle sue lune. In particolare questa volta il protagonista è Caronte, il satellite naturale più grande e quello che col pianeta nano (è stato declassato nel 2006) forma una sorta di sistema binario (le altre lune – alcune dalla forma bizzarra – sono più piccole).
In questa straordinaria immagine, la sonda della NASA ci mostra uno zoom su Caronte e sulla sua superficie, che presenta delle caratteristiche particolari, come un grande numero di crateri. Quello che più ha sorpreso gli esperti del JPL (California) è una montagna sorta all’interno di una enorme fossa (una depressione nel terreno con un picco al centro). Nell’inserto è possibile vederla nell’angolo in alto a sinistra.
L’immagine elaborata dalla NASA mostra un’area di circa 390 chilometri dall’alto in basso ed è solo un’anteprima di quanto sarà possibile vedere sul resto della superficie di Caronte. Purtroppo questa è un’immagine fortemente compressa (risale al 14 luglio), ma versioni più nitide verranno pubblicate quando i dati full-fidelity dello strumento LORRI (Long Range Reconnaissance Imager) arriveranno a terra.
Esopianeti col doppio sole per Kepler
Ancora qualche mesetto e potremo gustarci il sospirato episodio 7 di Guerre Stellari: Il Risveglio della Forza. Chi non vuole più aspettare, però, sono gli astronomi. Lo scorso marzo la notizia dei ricercatori dello Smithsonian Astrophysical Laboratory: Tatooine, il pianeta che ha visto crescere Luke Skywalker – e dove il piccolo Jedi ha conosciuto per la prima volta il maestro Obi-Wan Kenobi, il comandante del Millenium Falcon Ian Solo, le forme generose della principessa Leila in catene per Jabba the Hutt – esiste. Simulazioni a computer confermerebbero che anche attorno a sistemi di stelle binarie ci siano le condizioni per l’abitabilità.
Adesso è il turno della Cornell University. Con un articolo pubblicato sui Proceedings of the National Academy Sciences i ricercatori affermano: pianeti rocciosi con due soli all’orizzonte esistono sicuramente nell’Universo che ci circonda e potrebbero essere anche più comuni di quanto abbiamo pensato finora. E gli astronomi stanno raccogliendo nuove idee su come scovarli.
Una buona strada sembra quella di misurare con precisione il movimento di queste stelle, in rotazione l’una attorno all’altra, in cerca di disturbi esercitati da pianeti extrasolari. Grazie al telescopio NASA Kepler è piuttosto semplice individuare pianeti extrasolari in orbita attorno a un sistema binario con un periodo di rotazione delle stelle – l’una di fronte all’altra – che va dagli 8 ai 100 giorni. Il metodo dei transiti funziona a meraviglia.
Qualche problema sorge però laddove la prossimità fra le due stelle diventa tale da rendere una corretta osservazione impossibile a qualsivoglia telescopio. Per Kepler e compagni non resta molto da fare quando il piano orbitale dei pianeti viene alterato o manca di un allineamento con gli strumenti a disposizione. «Con l’attuale strategia osservativa non riusciamo insomma a scoprire pianeti rocciosi in fascia di abitabilità, ma non dobbiamo perdere le speranze», spiega Diego J. Munoz, ricercatore post-doc alla Cornell University e firmatario della ricerca. Tatooine c’è insomma, ma non si vede (qui di seguito il nuovo teaser di Star Wars: Il Risveglio della Forza).
L’obiettivo di Kepler è attualmente puntato su una regione della Via Lattea prossima alla costellazione del Cigno. Man mano che diminuisce la distanza fra i soli nei sistemi binari, si abbassano le chance di individuare pianeti su orbite disallineate. La presenza di esopianeti potrebbe tuttavia indurre delle perturbazioni al sistema, rivelandoli così in modo indiretto. Il fantascientifico tramonto di Tatooine, con le dune spoglie di un deserto lontano e il caschetto biondo di un giovane Jedi, potrebbe quindi non essere un mero parto della fantasia di George Lucas.
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Giorni contati per la materia oscura?
Per la materia oscura potrebbe essere davvero difficile continuare a giocare a nascondino. Oggi, un gruppo internazionale di ricercatori ha pubblicato i primi dati relativi ad una nuova mappa della distribuzione spaziale della materia oscura grazie ai dati ottenuta dalla Dark Energy Survey (DES). I risultati, pubblicati su Physical Review Letters, suggeriscono che la relazione tra la mappa della distribuzione visiva delle galassie e quella relativa alla distribuzione della massa è molto vicina a quella predetta dai modelli basati sulle simulazioni cosmologiche che includono l’espansione accelerata dell’Universo.
La caccia alla materia oscura non ha tregua. Di recente abbiamo già scritto su queste pagine del progetto VST KiDS e dei primi risultati basati su osservazioni effettuate nell’emisfero sud grazie al VLT Survey Telescope (VST), il telescopio a grande campo di vista realizzato dall’INAF – Osservatorio Astronomico di Capodimonte, e installato accanto al Very Large Telescope dell’ESO, presso l’Osservatorio del Paranal in Cile. La Kilo Degree Survey permetterà, infatti, di realizzare misure accurate della materia oscura, della struttura degli aloni delle galassie ottenendo così nuovi indizi sull’evoluzione e formazione delle galassie stesse e degli ammassi in cui esse risiedono.
Ma torniamo alla DES, attualmente in corso al telescopio Blanco situato in Cile. Si tratta di una survey cosmologica che è stata concepita per osservare circa 1/8 del cielo visibile. Lo scopo principale della survey è quello di caratterizzare meglio la natura dell’energia oscura, quell’enigmatica componente che pare sia responsabile dell’espansione accelerata dell’Universo. Queste mappe, realizzate con una delle più potenti macchine fotografiche digitali al mondo, costituiscono il più importante progetto di mappatura contigua, con un livello di dettaglio che promette di migliorare significativamente la nostra comprensione del processo di formazione galattica e il ruolo che la materia oscura ricopre.
Ora, uno dei modi di far questo è quello di studiare la distribuzione e l’evoluzione della materia oscura. Gli scienziati stimano che la materia ordinaria costituisca solo 1/5 della massa totale presente nell’Universo, il resto è proprio “oscuro”, un termine appropriato poiché questa sostanza non assorbe o emette luce. «Gli scienziati hanno bisogno di ricorrere a misure molto precise della distribuzione spaziale di tutta la materia presente nell’Universo in modo da realizzare esperimenti accurati», spiega Vinu Vikraman, ricercatore post-doc presso lo US Department of Energy’s Argonne National Laboratory e co-autore dello studio. «Non sappiamo che cosa sia realmente la materia oscura nè siamo in grado di localizzarla direttamente. Questa mappa rappresenterà uno strumento di fondamentale importanza per la cosmologia in quanto permetterà di dare una serie di risposte a queste domande, tra cui quelle che riguardano appunto l’origine e la natura dell’energia oscura».
Eseguendo un confronto tra la mappa della distribuzione delle galassie e quella della distribuzione della massa ottenuta dal weak lensing è possbile vedere come la distribuzione delle galassie segue la distribuzione spaziale della materia oscura. Credit: Vinu Vikraman / Argonne National Laboratory
Per rivelare indirettamente la materia oscura, gli scienziati hanno escogitato un metodo che si basa sulla costruzione di una mappa della distribuzione della massa ottenuta da DES attraverso una serie di misure ricavate analizzando l’effetto debole della lente gravitazionale o weak lensing. Si tratta di un fenomeno previsto dalla relatività generale in cui i raggi luminosi provenienti da oggetti distanti vengono deviati dalla distribuzione della materia che circonda le galassie. Questo effetto crea una distorsione o deformazione dell’immagine di una galassia che gli astronomi possono misurare per determinare come è distribuita la materia dell’oggetto che funge da lente gravitazionale.
I ricercatori hanno quindi confrontato la mappa ottenuta dalla distribuzione della massa con una nuova mappa ottica della distribuzione delle galassie ricavata sempre dalla survey DES. Questa informazione ha permesso agli studiosi di cercare eventuali schemi presenti nella distribuzione sia delle galassie che della materia oscura. «Ciò ha permesso di controllare la consistenza del nostro lavoro dato che ci aspettiamo che la distribuzione delle galassie segua quella della materia oscura», dice Vikraman. Questi risultati preliminari, infatti, suggeriscono che la relazione tra la mappa della distribuzione visiva delle galassie e quella relativa alla distribuzione della massa è molto vicina a quella predetta dai modelli basati sulle simulazioni cosmologiche che includono l’espansione accelerata dell’Universo.
Ricordiamo, infine, che la survey DES è stata progettata per coprire una regione di cielo pari a più di 36 volte l’area ottenuta da questa prima mappa. Si spera, quindi, che questo nuovo insieme di dati potrà fornire in futuro preziosi indizi per comprendere ancora meglio la natura dell’energia oscura.