Tre pianeti di dimensioni paragonabili a quella della Terra sono stati individuati nell’orbita di una “fresca” Nana Rossa dal cacciatore di esopianeti per antonomasia, il telescopio spaziale Kepler.
EPIC 201367065, è una nana rossa di classe M (la più fredda), ha circa la metà delle dimensioni e della massa del nostro sole ed è situata ad “appena” 150 anni luce dalla Terra, tra le prime 10 stelle più vicine a noi note per avere pianeti in transito. Una stella abbastanza vicina e luminosa da permettere agli astronomi di studiarne le atmosfere dei pianeti in transito determinandone se la composizione sia favorevole o meno alla vita.
«Una sottile atmosfera fatta di azoto e ossigeno ha permesso alla vita di prosperare sulla Terra. Ma la natura è piena di sorprese. Molti pianeti extrasolari scoperti dalla missione Kepler sono avvolti da atmosfere composte da uno spesso strato di idrogeno incompatibile con la vita come noi la conosciamo», dice Ian Crossfield, l’astronomo dell’Università dell’Arizona che ha condotto lo studio, in attesa di pubblicazione su The Astrophysical Journal.
I tre pianeti sono 2,1, 1,7, e 1,5 volte le dimensioni della Terra. Il pianeta più esterno, una volta e mezzo il raggio terrestre, è il più piccolo del gruppo e orbita abbastanza lontano dalla sua stella, ricevendo livelli di luce dalla sua stella madre paragonabili a quelli che riceve la Terra dal Sole. Gli autori dello studio hanno calcolato che i tre pianeti ricevono 10,5, 3,2 e 1,4 volte l’intensità luminosa che riceve la Terra.
«La maggior parte dei pianeti che abbiamo trovato fino ad oggi sono troppo caldi, incandescenti a volte. Questo sistema sembra essere il sistema più vicino con pianeti con una temperatura moderata», afferma uno degli autori Erik Petigura. «C’è una possibilità molto reale che il pianeta più esterno sia roccioso come la Terra, il che significa che questo pianeta potrebbe avere la giusta temperatura per sostenere oceani di acqua liquida».
Per Andrew Howard dell’Università delle Hawai «I pianeti delle dimensioni e della temperatura della Terra sono comuni nella nostra Via Lattea». «Abbiamo anche scoperto alcuni pianeti delle dimensioni della Terra che sembrano essere fatti degli stessi materiali, per lo più di roccia e ferro».
Leggi l’articolo su Arxiv: “A nearby M star with three transiting super-Earths discovered by K2,” I. Crossfield et al., preprint:
http://arxiv.org/abs/1501.03798
New Horizons, ultimo tratto per Plutone
Gennaio 2006, nove anni or sono, la sonda della NASA New Horizons ha iniziato il suo ultimo tratto di viaggio che la porterà allo storico incontro con Plutone. La sonda sta entrando nella prima di diverse fasi di approccio che culmineranno il 14 luglio prossimo (data della presa della Bastiglia) con il primo flyby del pianeta nano chiamato Plutone, a 7,5 miliardi chilometri dalla Terra.
Per la prima volta, ha avuto modo di affermare Jim Green, direttore del Planetary Science Division della NASA presso la sede dell’agenzia a Washington, l’uomo vedrà da vicino, tramite la sonda «questo freddo, mondo inesplorato nel nostro sistema solare».
La sonda New Horizons si è svegliata dal suo lungo letargo nel mese di dicembre e passerà presto vicino a Plutone, all’interno delle orbite di cinque delle sue lune. A partire da domenica 25 gennaio la sonda inizierà a scattare immagini, ancora da lontano del pianeta e delle sue lune, grazie alla Reconaissance Imager (LORRI), così da ottenere informazioni importanti sulla dinamica dei satelliti di Plutone. Le immagini inoltre avranno un ruolo fondamentale nella navigazione del veicolo spaziale per i rimanenti 220 milioni km mancanti a Plutone.
Durante questa prima fase di avvicinamento, che durerà fino a primavera, New Horizons condurrà una notevole quantità di attività scientifiche supplementari. Verranno raccolti dati sull’ambiente interplanetario, misurazioni delle particelle ad alta energia provenienti dal Sole, analisi delle polveri particellari nelle zone interne della Fascia di Kuiper. Oltre a Plutone, infatti, la regione esterna e inesplorata del sistema solare, nasconderebbe migliaia di potenziali piccoli pianeti rocciosi.
Altre ricerche e studi inizieranno in primavera, quando le telecamere e gli spettrometri di bordosaranno in grado di fornire immagini ad una risoluzione maggiore di quella ottenibile cone i telescopi a Terra. Il che permetterà di orrenere immagini utili a mappare Plutone e le sue lune con migliore precisione rispetto a missioni e studi precedenti.
Avvolti in un abbraccio galattico
Dato che il nostro Sistema solare risiede all’interno della Via Lattea, risulta molto difficile avere un quadro chiaro di come appare globalmente la nostra galassia. Nel 1852, l’astronomo Stephen Alexander fu il primo ad ipotizzare che la Via Lattea avesse una forma a spirale e da allora si sono susseguite tutta una serie di osservazioni e scoperte che hanno cambiato il modo con cui ce la immaginiamo. Da diversi decenni, gli astronomi hanno ritenuto che la nostra galassia fosse costituita da quattro bracci nei quali sono presenti stelle e nubi di gas, dove avviene la formazione stellare, che si estendono verso le regioni più esterne secondo una struttura a spirale. Nel 2008, i dati del telescopio spaziale Spitzer sembravano indicare la presenza di soli due bracci più una struttura centrale barrata.
Oggi, però, secondo uno studio condotto da un gruppo di astronomi cinesi, uno dei bracci a spirale potrebbe estendersi molto più lontano di quanto ipotizzato, avvolgendo interamente la Via Lattea. Denominato braccio Scudo-Centauro, esso si diparte da una estremità della struttura a barra della Via Lattea, attraversa l’orbita del Sole e si estende fino all’altra parte della Galassia, dove si pensava terminasse. Ma nel 2011, gli astronomi Thomas Dame e Patrick Thaddeus, dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, notarono ciò che sembrava essere una estensione di questo braccio sull’altro lato della Galassia, posto sempre al di fuori del nostro Sistema solare. «E’ un fatto raro. Scommetto che bisognerebbe analizzare decine di galassie a spirale per trovarne una dove ci si può convincere di vedere un braccio che fa un giro di 360°» spiega Dame.
Illustrazione della possibile estensione del braccio Scudo-Centauro.
Tuttavia, secondo Yan Sun e i colleghi del Purple Mountain Observatory a Nanjing, in Cina, il braccio Scudo-Centauro potrebbe estendersi ancora più lontano. Infatti, utilizzando un diverso approccio che permette di studiare le nubi di gas distribuite tra 46.000 e 67.000 anni luce dal centro galattico, gli scienziati hanno rivelato 48 nuove nubi di gas interstellare, rispetto a 24 già note in precedenza. Per approfondire la loro ricerca, Sun e colleghi hanno sfruttato alcuni dati di un radiotelescopio forniti dai ricercatori che lavorano al progetto Milky Way Imaging Scroll Painting che ha lo scopo di monitorare nubi di gas e polveri interstellari per rivelare le onde radio emesse dal monossido di carbonio (CO). Dopo l’idrogeno, questo gas è l’elemento più abbondante che si trova nel mezzo interstellare ed è più facile rivelarlo dai radiotelescopi.
Dunque, mettendo insieme questa informazione con quella derivante dai dati della Canadian Galactic Plane Survey, che studia invece la distribuzione dell’idrogeno, i ricercatori hanno concluso che queste 72 nubi sono allineate lungo un segmento di braccio che si estende per circa 30.000 anni luce. In più, gli scienziati sostengono nel loro articolo che «il nuovo braccio sembra essere l’estensione di quello trovato da Dame & Thaddeus, nel secondo quadrante più esterno». Ciò implica che il braccio a spirale non solo sarebbe il più grande della Via Lattea ma sarebbe l’unico a raggiungere effettivamente una estensione tale da circondare completamente la nostra galassia. Si tratterrebbe perciò di un risultato senza precedenti, considerando anche il fatto che niente del genere è mai stato osservato in altre galassie a spirale, almeno nella nostra parte locale di Universo.
Naturalmente, esistono delle problematiche. Ci sarebbe, infatti, una sorta di vuoto apparente tra il segmento di braccio trovato da Dame & Thaddeus e quello scoperto dal gruppo cinese, stiamo parlando di 40.000 anni luce. Ciò potrebbe implicare che le nubi di gas identificate da Sun e colleghi non farebbero parte del braccio Scudo-Centauro ma apparterrebbero ad un’altra porzione, completamente nuova, di braccio a spirale. Insomma, se questo si dimostrerà vero, forse la Via Lattea potrebbe essere caratterizzata dalla presenza di diversi bracci esterni, perciò con le prossime osservazioni saremo in grado, si spera, di verificare o smentire questa ipotesi.