Dopo innumerevoli imprevisti, ecco le prime spettacolari immagini dal telescopio VST sulle Ande del Cile. Il progetto è frutto della stretta collaborazione tra le principali industrie italiane del settore e l’Istituto Nazionale di Astrofisica, progettato e costruito nell’Osservatorio di Napoli con la successiva partecipazione di quello di Padova.
Abbiamo intervistato Demetrio Magrin e Jacopo Farinato, due dei ricercatori italiani coinvolti nel progetto.
A cosa serve VST?
Demetrio Magrin: “E’ un telescopio a due specchi che si distingue per il grande campo di vista che è in grado di osservare. In particolare sarà in grado di determinare e caratterizzare la presenza della materia oscura nel nostro Universo”.
Qual è stato il vostro contributo?
Jacopo Farinato: “L’Osservatorio Astronomico di Padova e il Dipartimento di Astronomia di Padova sono stati coinvolti nella fase finale del progetto, circa tre anni fa, per la messa a punto delle unità ausiliare del telescopio, dei sistemi di ottica attiva e per tutta la parte relativa all’optomeccanica”.
Mettere in funzione VST non è stato facile, ci sono stati innumerevoli imprevisti:
Demetrio Magrin: “Sì, ci sono state vicissitudini sfortunate. La prima è stata la rottura dello specchio primario quando è stato trasportato in Sud America. Un secondo colpo di sfortuna è stato l’allagamento della cella del telescopio durante il trasporto in nave. Però grazie alla stretta collaborazione tra industria italiana e istituti coinvolti si è riusciti a superare questi momenti e a portare il telescopio a Cerro Paranal in cile”.
Possiamo comunque dire che alla fine ne è valsa la pena:
Jacopo Farinato: “Certamente. Cerro Paranal è uno dei siti astronomici più belli al mondo, il cielo che si può vedere alzando gli occhi è straordinario. Devo dire che anche la collaborazione con l’ESO, l’ente europeo per il quale è stato commissionato il progetto, è stata eccezionale. Si è formato un gruppo di persone molto unite che hanno portato il telescopio alla fase attuale, che lo vede pronto per le osservazioni astronomiche”.
RISVEGLI SOLARI
Il Sole si è risvegliato e, in attesa di raggiungere il massimo della sua attività, prevista per il 2013, di tanto in tanto, per così dire, si stiracchia. È successo anche lo scorso 7 giugno, quando la nostra stella si è esibita con un brillamento solare, una tempesta di radiazione e una vistosa emissione di materiale dalla corona dalle sembianze di una enorme bolla che si è allargata velocemente verso l’esterno. Ad assistere a questo spettacolo, e a documentarlo, c’erano gli strumenti orbitanti dedicati al Sole, quelli che non gli tolgono mai gli occhi di dosso. Si tratta di Solar Dynamics Observatory, di SOHO e delle sonde STEREO. Nei giorni successivi, in particolare il 9 giugno, il plasma emesso dal Sole ha investito anche la Terra interagendo con il campo magnetico. Questo ci avvolge come uno scudo protettivo, impedendo che questi risvegli solari possano rappresentare un vero pericolo. Sono fenomeni che vanno tuttavia monitorati e, ancor meglio previsti: se particolarmente intensi, possono mettere a rischio il funzionamento delle componenti elettroniche dei nostri satelliti, ma anche della tecnologia a terra. In questo caso però l’intensità del fenomeno è stata modesta: nulla da segnalare!
UN GIGANTE LADRO
Un gigante gassoso e un pianeta roccioso non troppo cresciuto: Giove e Marte. Cos’hanno in comune? Nulla apparentemente, ma andando a costruire ipotesi sul loro passato, si scopre che con buona probabilità la storia evolutiva del più grande ha influenzato quella del più piccolo, anzi, per meglio dire, l’ha intralciata. Simulazioni al computer che si sono dimostrate particolarmente attendibili, confermerebbero l’ipotesi, già sostenuta da molti, che in passato Giove si sia avvicinato al Sole per poi allontanarsi nuovamente. Nel periodo della sua intrusione verso l’interno avrebbe letteralmente rubato il materiale che sarebbe servito a Marte per crescere e diventare un pianeta più simile a Terra e Venere, almeno in quanto a massa e dimensioni. Questa ricostruzione dei fatti si è dimostrata solida, anche perché è compatibile con l’esistenza della fascia degli asteroidi: se le cose sono andate davvero così, Giove sarebbe in gran parte colpevole della mancata crescita del pianeta rosso.