Più si espande, più l’Universo acquista nuove dimensioni. Questa l’ipotesi di alcuni fisici americani. Il concetto di partenza è che l’Universo, nelle prime epoche dopo il Big Bang, avesse una sola dimensione spaziale: in pratica possedeva solo la lunghezza, come nel caso di una linea dritta. Espandendosi si è poi aggiunta una seconda dimensione: la larghezza, come nel caso di un foglio disteso. Continuando a espandersi, a un certo punto è comparsa anche una terza dimensione, la profondità, diventando l’Universo a tre dimensioni nel quale viviamo ancora oggi.
Se questo modello di Universo fosse vero, si potrebbe ipotizzare che esista da tempo anche una quarta dimensione. Solo che noi non ce ne siamo mai accorti perché è percepibile solo su grande scala. In pratica siamo troppo piccoli per riuscire a sentirne la presenza. Potremmo però cogliere indizi della sua esistenza: ad esempio il fatto che l’Universo sta aumentando la sua velocità di espansione potrebbe essere una conseguenza della presenza della quarta dimensione, e non di una misteriosa energia oscura.
Di fronte a questa ipotesi la cautela è d’obbligo. D’altra parte la ricerca si basa anche su teorie come questa: chissà se sarà mai possibile dimostrarla o smentirla. Per ora ci accontentiamo di immaginare come possa essere la vita in quattro dimensioni.
NIENTE “OLA” NELLE GALASSIE A SPIRALE
Uno studio recente propone una nuova spiegazione riguardante quei tipici addensamenti di stelle che nelle galassie a spirale prendono il nome di bracci. Fin dagli anni ’60, la spiegazione più accreditata paragonava la rotazione dei bracci nelle galassie alla propagazione della famosa “ola” del pubblico negli stadi. Come gli spettatori che, pur diventando parte dell’onda, non cambiano posto a sedere, così anche le stelle, si riteneva, vengono coinvolte nella perturbazione, tornando alla loro posizione una volta che questa è passata. Questo scenario tuttavia non regge nel momento in cui si prova a ricrearlo al computer. È stata simulata una ipotetica galassia a spirale con 5 milioni di stelle in rotazione attorno al centro. Accelerando il tempo, si è visto che in periodo di 6 miliardi di anni le stelle non stanno ferme, ma si muovono assieme al braccio cui appartengono. Niente effetto ola, ma uno spostamento effettivo. Questi risultati, se confermati, potrebbero avere forti implicazioni alcune su alcune delle prossime missioni spaziali, come ad esempio Gaia, con la quale l’Agenzia Spaziale Europea intende studiare nel dettaglio la nostra galassia.
LEGAME ELETTRICO FRA SATURNO ED ENCELADO
Saturno è il pianeta con gli anelli ed Encelado è una piccola luna ghiacciata che gli ruota intorno, ma fra i due, oltre all’attrazione gravitazionale, c’è anche un legame di tipo elettrico, scoperto dalla sonda Cassini. C’è un flusso di particelle cariche viaggia infatti da Encelado a Saturno interagendo con l’intenso campo magnetico di quest’ultimo. In alcune regioni della superficie della luna sono presenti geyser che spruzzano nello spazio vapore d’acqua e particelle a base di carbonio. È da questa nuvola che provengono le particelle cariche, elettroni in particolare, che compiono il loro viaggio seguendo i percorsi obbligati imposti dal campo magnetico di Saturno e innescando, una volta a destinazione, deboli aurore. Per intensità possono essere paragonate alle più deboli fra le aurore terrestri osservabili a occhio nudo. Studiando questo “legame elettrico” sarà possibile ottenere maggiori informazioni sulle emissioni di Encelado e arrivare a una conoscenza più approfondita del campo magnetico di Saturno.