“Stiamo per tornare tutti sulla Luna”. Con queste parole la NASA ha commentato il lancio del razzo Atlas 5 con a bordo due sonde che potrebbero decidere il futuro della colonizzazione spaziale. La prima sonda, la Lunar Reconaissance Orbiter, orbiterà attorno alla Luna a bassa quota: attrezzata con sette telecamere d’avanguardia, realizzerà immagini dettagliate della superficie, necessarie per individuare il punto ottimale dove far sbarcare futuri astronauti.
L’altra sonda, la Lunar Crater Observation, dovrà invece guidare il razzo Atlas 5, portandolo a schiantarsi dentro un cratere. La sonda passerà attraverso i detriti e la polvere sollevati dall’impatto, analizzandone la composizione e cercando nel buco scavato la presenza di ghiaccio d’acqua. Successivamente anche la sonda impatterà la superficie lunare.
Se venisse trovato il ghiaccio e se fosse presente in grande quantità, si avrebbe a disposizione un giacimento di acqua e ossigeno vicino al quale costruire la prima base lunare permanente. Possibilmente entro il 2020 e possibilmente prima della Cina. Restano però i dubbi dell’amministrazione Obama che pur ammettendo di voler rivedere gli americani sulla Luna, non nasconde di preferire investire tempo e denaro per un obiettivo ben più ambizioso: lo sbarco dei primi uomini su Marte.
LE MISURE DELLA DISCORDIA
Negli ultimi tempi la NASA si attira parecchie antipatie e proprio in questi giorni è stata bersaglio di pesanti critiche. Il tutto perchè è tornata a galla la spinosa questione delle unità di misura. Nel progettare le navette che sostituiranno gli Shuttle, l’Agenzia Americana vuole rimanere fedele al sistema britannico, quando invece è il sistema metrico decimale quello di riferimento internazionale. Libbre e piedi contro grammi e metri quindi. La NASA non intende adeguarsi perché effettuare tutte le conversioni e aggiornare i software comporterebbe una spesa enorme: circa 370 milioni di dollari, metà di quanto serve per lanciare uno Shuttle. Le altre agenzie spaziali, in particolare quelle private, lamentano invece che questo atteggiamento è un grosso ostacolo alla collaborazione ai progetti spaziali.
PIANETI CHE INGRASSANO
Anche nell’universo c’è chi ha problemi a mantenere la linea. Succede a una classe particolare di pianeti extrasolari, in orbita cioè intorno ad altre stelle. Dalle osservazioni risulta che alcuni di essi attraversano una fase “grassa”, il loro girovita presenta cioè un vistoso rigonfiamento. Analogie con i nostri problemi estetici a parte, il fatto che questi pianeti si dimostrino più dilatati di quanto previsto dai calcoli ha messo in crisi gli astronomi. Ora però alcune simulazioni al computer hanno suggerito la soluzione. Giganti, gassosi, particolarmente caldi: pianeti con queste caratteristiche sono particolarmente soggetti a deformazioni se percorrono orbite schiacciate. Nei periodi in cui si trovano più vicini alla propria stella, risentono maggiormente dell’attrazione gravitazionale. Il gas, sottoposto alle forze di marea, subirebbe un riscaldamento “fuori programma” e più un gas è caldo, maggiore è il volume che occupa. Questo, secondo alcuni, spiegherebbe le taglie forti osservate.