MOSCA – Il “pianeta rosso” è sempre più vicino. Ne sono convinti gli scienziati dell’Istituto per i problemi medico-biologici di Mosca (Imbp), che insieme all’Esa (Agenzia Spaziale europea) lanceranno, il 31 marzo, la corsa verso Marte. Prima virtuale, poi presto, si spera, reale. Si chiama “Marte-500”, è un progetto senza precedenti che punta a ottenere il massimo delle informazioni sulla capacità dell’organismo umano di adattarsi alle condizioni di una missione di lunga durata nello spazio. La prima tappa si svolgerà sulla terra: 6 volontari “astronauti”, 4 russi e due europei, scelti tra migliaia di aspiranti presentatisi nel 2008, saranno rinchiusi per 105 giorni in una capsula che simula una navicella spaziale, senza poter comunicare con il mondo esterno. C’è anche una donna: Marina Tugusheva, 25 anni, biologa di Tver. Costo: più di 15 milioni di dollari. Luogo: la sede dell’Imbp, parte dell’Accademia delle Scienze russa, a nordovest di Mosca, due passi dal centro. Subito dopo, sempre quest’anno, dovrebbe iniziare la parte principale dell’esperimento. Altri 6 volontari resteranno confinati in un container per almeno 520 giorni (forse 700): 250 per l’andata e altrettanti per il ritorno, tanti ce ne vogliono per raggiungere Marte che dista 56 milioni di km dalla Terra; più 20 da spendere “sul posto”. In tutto, quasi 17 mesi. È la prima simulazione di tale durata di un volo spaziale. Pensata per testare le enormi difficoltà fisiche e psicologiche di chi deve affrontarlo, dentro un sistema a “circuito chiuso” (diverso quindi dalla ISS). Basti pensare che i messaggi terra-marte impiegano 40 minuti ad arrivare: non sarà possibile parlare con parenti e amici in videoconferenza, si testerà la telemedicina. La microgravità, han dimostrato ricerche americane ed europee, rappresenta un pericolo immenso per l’organismo umano. La lista dei sintomi riscontrati negli astronauti è lunga e preoccupante: perdita di massa ossea, deterioramento del tessuto muscolare, mutamenti cardio-vascolari e nel metabolismo. “Quando rimetteranno piede sulla terra, saranno così deboli che non si reggeranno in piedi”, spiega una studiosa dell’Imbp. Poi c’è il problema psicologico: l’isolamento prolungato può causare disturbi d’ogni genere. Qualcuno evoca situazioni alla Big Brother, “Ma questo è un’esperimento scientifico serio”, puntualizza Evgeni Demin, direttore tecnico del progetto: “I membri dell’equipaggio potranno contare solo su se stessi. Salvo emergenze, ovviamente”.
L’addestramento è cominciato il 28 gennaio. I 6 riceveranno istruzioni teoriche nella mitica “Città delle Stelle” (Zvezdnj gorodok) a nordest di Mosca: negli anni ‘60 era tappa obbligatoria, e segretissima, per i cosmonauti sovietici aspiranti allo spazio, primo quel Juri Gagarin di cui ancor oggi il sito porta il nome. Poi, passeranno test di sopravvivenza in una foresta non lontano dalla capitale russa, nel gelido inverno.
L’Agenzia spaziale russa (Roskosmos) punta molto sul progetto. Dal 1995, quando Valeri Poljakov fissò il record di permanenza, ancora suo, nello spazio: più di 14 mesi consecutivi (437 giorni). In Russia finora il settore spaziale pare l’unico non toccato dalla crisi. Russo il primato nei lanci dei razzi vettori (27 nel 2007, un record per il periodo post-Urss), l’ultimo spedito in orbita il 25 dicembre, coi 3 satelliti di comunicazione del sistema GLONASS. Gli Usa ì vantano solo 14 lanci, di cui uno, il Falcon-1, fallito. Nel 2008, 35 dei satelliti messi in orbita nel mondo erano russi; ma spesso di fattura straniera. Attrezzatture e infrastrutture infatti, spesso sono ancora quelle sovietiche di 50 anni fa, solide ma vecchiotte. E ora a inseguire i sogni spaziali si aggiungono Cina, Giappone, India, Iran. Per mettere piede sul pianeta rosso, comunque, bisognerà aspettare il 2035.