Le tute spaziali sono fondamentali per l’uomo per compiere le varie missioni nello spazio aperto, ma pochi sanno che il progetto è rimasto a quello degli anni ’70 facendo poi nei vari anni a seguire delle migliorie.
La tuta usata da Yuri Gagarin
Le prime tute spaziali non erano così sofisticate come quelle attuali ed erano sviluppate sfruttando tecnologie già utilizzate per i voli in alta quota e le immersioni in profondità, quali tute pressurizzate leggere, maschere ad ossigeno e rebreather.
Le protezioni contro i raggi cosmici e la temperatura non erano nemmeno contemplate, in quanto non era ancora prevista l’attività dell’uomo all’esterno del mezzo spaziale.
Tuta moderna Nasa
La competizione tra Russia e Stati Uniti ha consentito una crescita costante della tecnologia alla base delle tute spaziali, benché i due modelli siano notevolmente diversi; la tuta spaziale statunitense è composta da quattro elementi, che vengono indossati in ordine dall’astronauta: pantaloni, giacca con maniche, casco e guanti; quella russa invece è costituita da un unico elemento semirigido, con un’apertura all’altezza della schiena, da cui l’astronauta si infila, e che verrà chiusa da un collaboratore.
Tuta moderna russa
Un’ulteriore differenza tra le due tute sta nella diversa pressurizzazione interna, 0,30 bar per la tuta della NASA e 0,56 bar per quella sovietica.
Una tuta spaziale dispone della tecnologia più sofisticata ed avanzata per proteggere da diversi fattori ostili come le radiazioni cosmiche, in particolare quelle infrarosse e ultraviolette non filtrate per mancanza di atmosfera, oltre agli sbalzi di temperatura che oscilla tra i -100 °C all’ombra e i +120 °C al sole .
La tuta deve poi proteggere dal vuoto all’esterno, che corrisponde a pressione nulla; per ovviare a questo inconveniente la tuta deve poter essere pressurizzata internamente. Le tute attuali non sono progettate per garantire una pressione uguale a quella dell’abitacolo dello Space Shuttle o della stazione spaziale ma pari a 1/3 atm; si renderebbe necessario altrimenti uno scafandro eccessivamente rigido con conseguente impedimento nei movimenti. Prima di ogni “passeggiata” l’astronauta deve effettuare un periodo di adattamento nel cosiddetto airlock, un compartimento a tenuta stagna per equilibrare la pressione prima e dopo ogni attività extraveicolare, evitando così ogni un’eventuale patologia da decompressione; nel frattempo deve respirare ossigeno per eliminare l’azoto presente nel corpo.
All’interno della tuta, a causa della bassa pressione, l’astronauta respira ossigeno puro, evitando così i problemi di embolia che si potrebbero verificare in caso di aria con azoto.
Una tuta spaziale è realizzata con un tessuto formato da undici o dodici strati, ognuno con particolari caratteristiche, in base alla funzione cui è destinato. Dall’interno verso l’esterno si ha:
- Primo e secondo strato: chiamati Liquid Cooling and Ventilation Garment o LCVG, servono per la termoregolazione del corpo e sono costituiti da una specie di calzamaglia a contatto con la pelle dell’astronauta, intrecciata con dei tubicini di una lunghezza complessiva di circa 85 m. All’interno dei tubi scorre un fluido caldo o freddo per riscaldare o raffreddare le diverse zone del corpo, mantenendolo a temperatura costante. Insieme al primo strato è presente inoltre un tubo per l’assorbimento dell’aria espirata, contenente CO2, che verrà poi trasferita nel backpack.
- Terzo strato: realizzato in nylon serve per garantire la traspirazione; è rivestito con gomma sintetica per mantenere la tenuta stagna.
- Quarto strato: di poliestere, contribuisce alla stabilità della pressione, evitando che la tuta si gonfi eccessivamente, diventando d’intralcio ai movimenti.
- Quinto strato: funge da protezione contro calore, abrasioni e perforazioni dovute a micrometeoriti; la funzione termica, antistrappo ed antiradiazioni è svolta dal mylar rivestito di alluminio.
- Sesto-decimo strato: una spessa barriera che garantisce un’elevata resistenza al calore.
- Undicesimo strato: chiamato TMG è costituito da una o due coperture in Goretex e serve per proteggere dall’impatto con micrometeoriti.
Una tuta spaziale è formata da diversi pezzi ed è corredata da numerosi strumenti e accessori. Il peso delle tute per le passeggiate lunari si aggirava intorno ai 100kg, mentre quelle per lo Space Shuttle pesano oltre 130kg; ognuna ha un costo che va dai 675.000€ ai 1.250.000€ (2 milioni di $). In passato ogni singolo pezzo della tuta era realizzato su misura per ogni astronauta, ma con l’aumentare del costo e della complessità dei materiali le taglie sono state uniformate, e l’altezza dell’individuo deve essere compresa tra 167 e 187cm.
Gli accessori sono composti da:
- Un contenitore per l’acqua potabile (chiamato anche IDB In-suit Drink Bag), situato all’altezza del petto, è dotato di un tubicino per consentire all’astronauta di bere. Ha una capienza di 1 o 2 l di acqua. Talvolta possono essere presenti delle barrette energetiche.
- Un “pannolone” (chiamato anche MAG, Maximum Absorption Garment), serve per la raccolta delle urine prodotte nelle quasi 8 ore di lavoro fuori dal veicolo spaziale.
Il Primary Life Support System (PLSS) è lo zaino di cui è dotato l’astronauta. Fondamentale per la riuscita di una missione extraveicolare, include diversi dispositivi tra cui vi sono:
- Una batteria, per l’alimentazione di ogni apparecchiatura della tuta spaziale, che garantisce un’autonomia di oltre 8 ore
- Un’antenna, per le comunicazioni radio con lo Shuttle o la stazione spaziale. Se l’astronauta si trova in prossimità di una stazione spaziale, grazie ai dispositivi di quest’ultima, può comunicare anche con la base a terra
- Un serbatoio per il liquido di raffreddamento della tuta collegato ad un sublimatore, che espone l’acqua a contatto con l’ambiente esterno. Ghiacciando e quindi sublimando, l’acqua sottrae calore al liquido interno
- Un sistema per la rigenerazione dell’aria espirata, che elimina i gas e le polveri di scarto prodotti dall’astronauta con la respirazione. L’ossigeno non consumato viene poi reintrodotto nella tuta da un’apertura dietro alla testa
- Due serbatoi di ossigeno principali, in cui il gas puro viene compresso e consente un utilizzo per oltre 7 ore.
- Due serbatoi secondari, per una durata complessiva di 30 minuti, entrano in funzione automaticamente quando si esaurisce la riserva principale
- Un sistema di controllo e di allarme, per monitorare costantemente ogni parametro della strumentazione della tuta spaziale.
Le tute della NASA hanno la possibilità di essere agganciate al MMU, una poltrona a razzo che permette di muoversi liberamente nello spazio. Nelle prime missioni extraveicolari, gli astronauti erano legati al veicolo per mezzo di un “cordone ombelicale” che forniva ossigeno ed evitava un’eventuale allontanamento nello spazio. In seguito è stato sostituito da un più sottile cavo di sicurezza.
MMU applicata alla tuta spaziale Nasa
Utilizzato per la prima volta nel 1984, nel corso della decima missione dello Shuttle, l’MMU è dotato di due bracci regolabili, alle cui estremità si trovano dei controller utilizzati per manovrarlo. I getti di azoto di 24 propulsori possono far raggiungere una velocità di oltre 70 km/h. Il suo peso è intorno ai 140 kg.
Di seguito un video che parla della futuristica tuta che indosseranno i primi astronauti che andranno su Marte