L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE che dipinge, compone musica e film, batte l’uomo alla Dama cinese e impara a giocare a calcio. Programmi sempre più evoluti porteranno alla nascita di servizi fino a qualche tempo fa impensabili e saranno ‘il cuore e la mente’ dei futuri robot, anche quelli domestici che divideranno con l’uomo spazi e mansioni. I ricercatori si interrogano su possibili scenari e Google arriva ad ipotizzare cinque sfide da affrontare prima di aprire le porte all’Intelligenza artificiale (AI). Riflessioni che riportano alla memoria le tre leggi della robotica che Isaac Asimov definì nei suoi romanzi negli anni ’40.
Secondo Chris Olah, numero uno della divisione Google Research, attualmente non si corre alcun rischio. Anzi, le tecnologie legate alla robotica e all’Intelligenza Artificiale porteranno notevoli benefici alla collettività. Uno sviluppo incontrollato, però, potrebbe portare ad una generazione di macchine potenzialmente pericolose per il genere umano.
Il documento messo a punto dall’azienda californiana s’intitola ‘Concrete Problems in AI Safety’ e pone al primo punto la necessità, prevedibile, di “evitare effetti collaterali negativi”. Ma anche di evitare di far scattare nell’Intelligenza artificiale meccanismi di auto-gratificazione simili a quelli umani, che porterebbero alla ripetizione inutile di compiti; di creare processi decisionali ‘scalabili’ (quanto si fa decidere al robot e quanto input devono essere umani?); di permettere un’esplorazione sicura (come muoversi negli spazi e cosa non fare). E infine l’adattabilità: assicurarsi che quello che ha imparato l’AI limitatamente ad un ambiente, venga replicato con attenzione in un altro.
Il documento arriva a pochi giorni da uno studio condotto dall’Università di Oxford e da un’azienda di Google che si chiama Deep Mind: è arrivato ad ipotizzare un “pulsante rosso”, di emergenza, in grado di spegnere un’Intelligenza artificiale fuori controllo, scenari immaginati dai film Terminator ed Ex Machina. Il dibattito si innesta in un momento di forti investimenti nel settore da parte della Silicon Valley, tanto che la rivista Nature ha puntato il dito su un monopolio a scapito dei centri universitari. Della partita è anche un visionario come Elon Musk, papà di Tesla e promotore di viaggi nello spazio: vuole costruire un robot per le faccende domestiche che sia alla portata di tutti, a lavorarci sarebbe il team di ricercatori non-profit Open AI, messo in piedi a dicembre.
ROMA – Le tre leggi di Asimov non bastano più. Il Parlamento Europeo ne ha allo studio una quarta, che doterà i robot di “personalità elettronica”. Sempre più numerosi, autonomi, intelligenti e diffusi nelle industrie, i robot dovranno avere diritti e doveri. Saranno registrati e muniti di una sorta di carta d’identità, pagheranno per i danni che commettono e contribuiranno – ancora non è ben chiaro come – al welfare delle nazioni che li impiegano.
La mozione sulla “personalità elettronica” dei robot è stata presentata al Parlamento Europeo da Mady Delvaux, proveniente dal partito operaio socialista del Lussemburgo. Difficilmente, in realtà, verrà approvata dall’assemblea di Bruxelles e trasformato in una legge vincolante dalla Commissione. Ma non si può negare che il testo sollevi un problema importante per un’Europa che, come molti altri paesi, si affaccia su quella che la proposta definisce la “nuova rivoluzione industriale”.
La bozza di legge parte dalla letteratura, citando Frankenstein, Pigmalione, il Golem di Praga fino a Karel Capek, lo scrittore ceco inventore della parola robot. Poi passa sul terreno più concreto dell’economia. Le vendite di automi, impiegati soprattutto nelle industrie automobilistica ed elettronica, ma anche negli ospedali e nell’assistenza agli anziani, sono cresciute nel mondo del 17% all’anno tra il 2010 e il 2014, per fare un balzo del 29% l’anno scorso. I brevetti nell’ultimo decennio sono triplicati.
La bozza di legge suggerisce una sorta di tassa sui robot per rimpolpare il sistema previdenziale privato di tanti lavoratori umani. Ogni cittadino che impiega degli automi dovrà segnalarli allo stato, indicando anche quanto risparmia in contributi grazie alla sostituzione dei lavoratori in carne e ossa con quelli in acciaio e silicio.
Anche i robot dovranno rispettare le leggi. Prima di tutto quelle di Asimov, poi un codice di condotta redatto ad hoc da Bruxelles. Qualora un automa dovesse infrangere una norma o causare un danno a qualcuno, sarebbe giusto che ne risponda legalmente, soprattutto se dotato di intelligenza artificiale, di capacità di apprendere autonomamente e – come pure prevede la bozza di legge – di surclassare l’uomo in quanto a facoltà intellettive. Una sorta di registro traccerebbe l’identità di tutti i lavoratori artificiali in Europa, con un obbligo di assicurazione simile a quello previsto per le auto.
La notizia della bozza di legge è stata accolta in rete da parecchi sberleffi (e dal no generalizzato degli industriali). Ma non sono mancati commenti più avveduti. Parlare di personalità giuridica per i robot oggi potrà sembrare prematuro. Ma l’avanzata galoppante di intelligenza artificiale, computer capaci di apprendere, auto senza guidatori e perfino armi in grado di prendere decisioni autonome, ci porterà probabilmente un giorno a rispolverare la bozza della deputata Delvaux
“Personalità elettronica per tutti i robot”. Dall’Ue una legge che dà diritti e doveri agli automi