Il telescopio spaziale James Webb è stato sviluppato appositamente per migliorare notevolmente l’osservazione nello spettro infrarosso, con l’obiettivo principale di osservare le galassie responsabili della ri-ionizzazione dell’universo primordiale e esaminare il residuo a infrarossi del big bang, in modo da poter determinare le condizioni iniziali di formazione dell’universo.
Per poter raggiungere tale obiettivo il telescopio sarà dotato di sensori estremamente sensibili, i quali hanno la necessità di operare a temperature estremamente basse per poter esprimere tutto il proprio potenziale. Proprio per soddisfare tale requisito, JWST sarà posizionato in un’orbita molto più elevata rispetto a Hubble, a circa 1,5 milioni di chilometri dal sistema Terra-Luna, in direzione opposta al Sole (secondo punto di Lagrange dell’orbita terrestre). Tale posizione infatti, offre il minimo segnale di fondo termico e quindi la massima sensibilità alla radiazione infrarossa. Inoltre, la maggior parte delle interferenze infrarosse (provenienti proprio dal Sole, dalla Terra e dalla Luna in prima approssimazione) verranno bloccate grazie ad un’ampia paratia metallizzata utilizzata come schermo. Nell’orbita lagrangiana il telescopio si troverà in una posizione costante rispetto al Sole e alla Terra e questo permetterà allo schermo metallico di schermare costantemente gli strumenti ottici.
La necessità di porre JWST in un un’orbita tanto elevata renderà virtualmente impossibile qualunque missione di manutenzione o aggiornamento. Non si tratta di un limite di poco conto, vista l’importanza che tali missioni (ben 4 nel corso meno di 20 anni di vita del telescopio) hanno avuto per il telescopio Hubble che nel tempo è stato più volte riparato e aggiornato, sostituendo via via quasi tutti gli strumenti ottici. Tale considerazione è ancora più importante se si tiene conto che, senza la possibilità delle riparazioni in orbita, Hubble avrebbe fallito ancor prima di cominciare dato che un errore nella produzione dello specchio principale aveva causato pesanti sfocature nelle immagini riprese subito dopo il lancio. Un guasto di questo tipo per JWST sarebbe un autentico disastro e proprio per questo i test a terra sono maniacali e hanno portato a un sempre continuo aumento dei costi di realizzazione.
Il precedente telescopio Hubble, a differenza di JWST, possiede sensori che operano nelle bande dell’ultravioletto, del visibile e dell’infrarosso-vicino, e proprio per questo potrà continuare a essere di grande beneficio alla comunità scientifica anche dopo il lancio del nuovo telescopio.
Hubble può infatti osservare nell’infrarosso da 0,8 a 2,5 micron, mentre JWST avrà una sensibilità che va da 0,6 a 28,5 micron. Nel campo infrarosso quindi, si sovrappone alla sensibilità di Hubble e ne costituisce quindi un vero e proprio successore in questo ristretto campo dell’osservazione, anche in considerazione del fatto che il suo lancio è previsto praticamente per lo stesso periodo in cui è prevista la fine della vita operativa di Hubble. Va ricordato però che Hubble è sensibile a tutto lo spettro del visibile, oltre che all’ultravioletto, mentre JWST nel visibile vedrà da 0,6 a 0,8 micron. In questo senso si può affermare che JWST può essere visto come il successore di Hubble soprattutto per l’osservazione nell’infrarosso, mentre si affiancherà ad esso per le osservazioni negli altri spettri.
Nonostante il JWST pesi la metà del telescopio Hubble il suo specchio primario (uno specchio di 6,5 metri di berillio) sarà più del doppio dello specchio dell’Hubble (2,4 metri). Dato che il lanciatore non è in grado di trasportare in orbita uno specchio così grande lo specchio sarà diviso in 18 sezioni che una volta in orbita si dispiegheranno attraverso dei sensibili micromotori che posizioneranno correttamente i segmenti. Una volta che il telescopio sarà dispiegato saranno necessari solo rari aggiustamenti dei segmenti a differenza dei telescopi terrestri. Per esempio il telescopio Keck utilizza dei micromotori che muovono continuamente i singoli pezzi dello specchio per compensare le perturbazioni dell’atmosfera.