Avete mai visto un pianeta passare davanti al Sole? Qualunque sia la risposta, all’alba del 6 giugno tenetevi pronti. Da quando il Sole sorge sino a quasi le sette del mattino un puntino nero passerà lentamente davanti al Sole. E’Venere, uno dei pianeti del nostro sistema solare. Per la precisione è il pianeta più caldo: la sua atmosfera di anidride carbonica e le nuvole che lo avvolgono trattengono il calore al punto che la temperatura raggiunge i 500 gradi. A rendere l’appuntamento un evento da non lasciarsi sfuggire c’è la rarità del fenomeno. L’ultima volta che da Terra abbiamo visto Venere passare davanti al Sole era il 2004, ma il prossimo passaggio avverrà nel 2117. Per questo il 6 giugno conviene tenersi pronti. Ma ricordate: guardare il Sole ad occhio nudo non fa bene alla vista. Meglio utilizzare un vetro affumicato, degli occhiali da Sole, o se possibile, occhiali da saldatore, distogliendo in ogni caso di tanto in tanto lo sguardo.
Erano anni che lo cercavano, e finalmente gli scienziati che lavorano con il satellite ESA XMM-Newton sono riusciti a identificare un effetto “eco” in raggi X dell’emissione di energia dai nuclei galattici attivi, che potrebbe offrire una nuova via per studiare i buchi neri al centro di galassie lontane.
Molte galassie hanno infatti, al centro, un buco nero di grande massa, che assorbe materia producendo una enorme emissione di energia: sono i Nuclei Galattici Attivi (AGN), e da anni si cerca di capire cosa esattamente avvenga dalle loro parti. Uno degli strumenti più importanti per studiarli è la cosiddetta linea K del ferro, una emissione di raggi X causata dagli atomi di ferro all’interno del disco di accrescimento attorno al buco nero, dove la materia viene compressa e riscaldata prima di precipitare nel buco nero. Una sorgente di raggi X – ancora sconosciuta – in prossimità del buco nero proietta la sua energia verso il disco, e fa sì che gli atomi di ferro emettano quella radiazione. Gli astronomi speravano da tempo di riuscire a studiare come i singoli “flare”, emissioni di raggi X dalla sorgente al centro della galassia, si propagano lungo il disco di accrescimento, immaginando che ci fosse un certo ritardo tra il segnale del flare e quello della linea K del ferro, che rappresenta la sua eco. Solo che nessun telescopio in raggi X attuale (né XMM, né Chandra della NASA) ha una risoluzione sufficiente a vedere i singoli flares.
Studiando i dati ottenuti su un lungo periodo di tempo dalla galassia NGC 4151, a 45 milioni di anni luce da noi, i ricercatori sono però riusciti a combinare il segnale di più eco e ottenere risultati statisticamente significativi. Hanno così dimostrato che quel ritardo, chiamato “riverbero relativistico”, esiste davvero, e nel caso di quella galassia corrisponde a circa 30 minuti.
“Questo dimostra che la misteriosa sorgente di raggi X si trova a una certa altezza sopra il disco di accrescimento”, spiega il coautore della ricerca Chris Reynolds. Secondo cui, lo studio degli eco in raggi X dai nuclei galattici attivi fornisce una nuova tecnica per studiare buchi neri e nuclei galattici attivi, e gli effetti relativistici che avvengono al loro interno
La ricerca, firmata da Abderahmen Zoghbi dell’Università del Maryland, è apparsa sull’ultimo numero di Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.