Larry Daley non è più il guardiano del Museo di Storia Naturale, ha fatto fortuna e ora è un giovane imprenditore. Eppure, come all’inizio del film precedente, non è troppo soddisfatto e sente che qualcosa gli manca. Quel qualcosa che trova nelle sue sempre più sporadiche visite al vecchio museo. Ma non è più tempo di statue di cera e plastiche, il Museo di Storia Naturale si sta infatti sbarazzando delle vecchie ricostruzioni come delle piccole miniature. Imballate in casse da viaggio simili alla bara con cui viaggia Nosferatu le vecchie attrazioni sono destinate all’archivio federale dello Smithsonian Museum di washington
Per uno scherzo della solita scimmietta però assieme alle statue viene imballata anche la tavola egizia che ha il potere di animarle e che, portata a washington, darà vita a tutto lo Smithsonian Museum compreso Kahmunrah, fratello di quell’Ahkmenrah combattuto e sconfitto nel primo episodio.
Se il target del primo Una notte al museo era “familliare” qui bisogna abbassare l’età consigliata di almeno un paio d’anni. Shawn Levy (questa volta senza l’aiuto del prodigioso Guillermo Navarro) non devia in nulla rispetto a quello che ci si aspetta da un sequel hollywoodiano, prende cioè gli elementi che si sono rivelati di maggiore successo del primo film orchestrandogli attorno una trama diversa (ma nemmeno troppo), che sfrutti un nuovo scenario e che metta in pratica il motto prettamente statunitense per il quale “the bigger the better”. Più effetti, più creature, più attrazioni, più stanze e via dicendo, che si tradurranno in meno divertimento e più noia.
Anche il percorso del protagonista sarà quello già visto: il personaggio di Larry nonostante l’evoluzione e il successo professionale è allo stesso punto di partenza del primo film, se lì cercava un lavoro per realizzarsi qui non si sente realizzato con il lavoro che ha e la risposta sarà ancora una volta il museo.
A cambiare fortemente è l’impianto pedagogico del film che per larghi tratti di fatto decanta e pubblicizza lo Smithsonian Museum e per altri snocciola nozioni di storia americana. Dati i personaggi storici coinvolti e il target dell’opera è infatti impossibile non considerare come indirettamente (ma anche direttamente) Una notte al museo 2 sbandieri e promuova una determinata visione della storia del proprio paese.
Una visione che inevitabilmente risulta neoconservatrice e per la quale, ad esempio, il generale Custer era sì un po’ cretino (la storia del resto gli ha dato torto) ma in fondo buono, che magnifica i propri presidenti (saranno loro a salvare tutto) e che contrappone i campioni americani (tenendo in seconda linea però donne e neri) a tutto un esercito di cattivi sempre stranieri.
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