DI VIAGGI nello Spazio se ne stanno progettando fin troppi. Basti guardare alle promesse del miliardario Richard Branson e ai profumati biglietti che ha già staccato per un giretto a 100 chilometri di altitudine con le navicelle della sua Virgin Galactic. Non è dunque una sorpresa che nella terza e ultima parte della monumentale indagine dedicata al futuro del viaggio il gigante del travel online, Skyscanner, piazzi proprio le orbite terrestri fra le mete del 2024. Destinazioni che muteranno le geografia turistica mondiale fra innovazione tecnologica e cambiamenti geopolitici.
Realizzato in collaborazione con il Future Laboratory londinese, il rapporto arriva a pochi giorni dalla World Space Week, la settimana dedicata ai temi dello Spazio con quasi duemila eventi in ottanta Paesi del mondo. Incoronando dunque un fronte evergreen dell’immaginario fantascientifico, in tutte le sue declinazioni, da quella letteraria a quella cinematografica, come meta possibile del futuro prossimo. Non solo assenza di gravità, che per giunta oltre il 2024 potrebbe spingersi al di là della breve permanenza ora (quasi) sperimentata: accanto alle orbite terrestri, infatti, fra una decina di anni partiremo anche alla volta delle profondità degli oceani, per alloggiare in una serie di strutture che si stanno inaugurando, costruendo o pensando proprio in questi anni.
“Il viaggio nello Spazio sarebbe una svolta epocale per il genere umano in generale soprattutto se avranno successo le missioni di Virgin Galactic e SpaceX”, racconta Filip Filipov, capo del B2B di Skyscanner, “ma la cosa più interessante sarà l’utilizzo della tecnologia del settore aerospaziale nell’aviazione civile. Nel caso di Virgin Galactic, con una navicella che può orbitare intorno alla Terra per 2,5 ore, si potrebbe pensare a un volo Londra-Sydney di appena 2,5 ore, se la stessa tecnologia usata per uscire dall’atmosfera potesse essere utilizzata in modo sicuro per l’aviazione civile. Questo renderebbe ogni spostamento più semplice e più veloce di sempre, infrangendo qualsiasi limite di tempo”.
Non c’è solo il vulcanico Branson: dal 2016 la World View Enterprise porterà i suoi passeggeri a 30 chilometri sopra la superficie terrestre, in una cabina pressurizzata sorretta da un pallone high-tech di elio da 400mila metri cubi. Prezzo: 750mila dollari. E se per le vostre tasche è un po’ troppo, si potrà sperimentare qualche esperienza simile allo Space Hotel che la compagnia statunitense Mobilona vuole costruire a Barcellona, con vedute realistiche delle galassie e assenza di gravità.
Puntando invece alle misteriose profondità non c’è molto da immaginare: camere e strutture subacquee già esistono. Basti pensare alle affascinanti suite Neptune e Poseidon dell’Atlantis Hotel di Dubai o al Manta Resort di Zanzibar. Ma anche all’Hilton Conrad, alle Maldive, nell’atollo Ari Sud. In questo caso sono solo cinque metri di profondità ma ci si spingerà sempre più giù. Secondo lo studio, da piccole postazioni di osservazione le stanze diventeranno infatti appartamenti e conterranno terme, giardini, piscine. È ancora il caso di Dubai, con il Water Discus Hotel, la cui apertura è prevista per l’anno prossimo: 21 suite nove metri sotto il livello del mare con finestre panoramiche in stile acquario e molti servizi offerti agli ospiti per uscire facilmente e concedersi un’immersione se sono stufi di stare in poltrona.
“Credo che il turismo subacqueo di massa si svilupperà con un ritmo maggiore rispetto al turismo spaziale”, racconta Gareth Williams, Ceo di Skyscanner, “e credo che ne ricaveremo molto di più: perché c’è molto di più laggiù da vedere che nello spazio”.
L’ultima frontiera sarà invece duplice: da una parte l’iperpersonalizzazione guidata dai social network, dall’altra le esperienze di viaggio uniche che spingeranno l’asticella del “diritto di vantarsi” ancora più in alto. Perché si è stati fra i primi a rimettere i piedi in un posto o fra gli ultimi ad assistere a una specie o un habitat in via d’estinzione. Sembra una contraddizione, ma il potere dei social e della condivisione è invece visto sempre più come una carta da sfruttare: a causa della rarità di alcuni luoghi, e della necessità di attirare l’opinione pubblica sui rischi della loro scomparsa, gli ambientalisti stanno infatti propendendo per una svolta radicale: aprire zone finora interdette all’accesso a turisti in modo che utilizzino il loro potere diffuso mediatico e finanziario per avvisare il mondo su quello che sta accadendo. Basti pensare a quanto succede ogni anno con decine di migliaia di visitatori, che si radunano nel Nord del Canada per vedere gli orsi polari. Insomma: dall’egoturismo all’ecoturismo senza soluzione di continuità.
Quanto alle mete un tempo inaccessibili, molto dipenderà ovviamente dagli sviluppi politici ma secondo Skyscanner e i suoi esperti (56 futurologi impegnati su più fronti) zone come l’Afghanistan o l’Iran diventeranno destinazioni piuttosto ambite. D’altronde, mentre i grandi classici, da Roma a New York, promettono di spostare la nuova classe media cinese, mete estranee al turismo di massa, come il Bhutan, stanno già registrando un aumento d’interesse. In questo specifico caso del 40%. “Verso il 2020 ci saranno stati come l’Afghanistan, l’Iran e la Corea del Nord che diventeranno molto attrattivi per tutti quei viaggiatori che vorranno essere i primi a vedere degli stati che i loro amici non hanno mai visitato”, spiega il travel futurologist Ian Yeoman, “in Africa, il Botswana è da tenere d’occhio. Ha un’economia di successo, è più sicuro del vicino Sud Africa e ci sono splendidi parchi naturali. Anche l’Angola sta ricevendo molti investimenti dalla Cina e potrebbe prendere il volo. Il Libano diventerà la nuova Dubai, se la situazione politica continua a migliorare, e il Bhutan sarà uno dei protagonisti del viaggio di lusso”.