RADIO e televisioni diffondono ogni anno 1,9 zettabyte di informazioni. Cosa vuol dire questa cifra? Che ogni essere umano, neonati inclusi, ha a disposizione un numero di parole equivalente a 174 quotidiani al giorno. Tutti insieme i computer del mondo eseguono 6,4 esabyte di calcoli ogni secondo. Un essere umano da solo impiegherebbe quasi 30mila miliardi di anni: 2.200 volte il tempo trascorso dal Big Bang a oggi.
La memoria complessiva dell’umanità, sia essa conservata in libri o computer, cassette o dvd, dischi di vinile o cd e quant’altro possa immagazzinare dati, raggiunge i 295 esabyte: 2,95 seguito da 20 zeri, secondo un calcolo che prende in prestito il bit, l’unità di misura dell’informazione usata dai computer. Se un immaginario bibliotecario dell’era digitale salvasse questi dati su compact disc (1,2 millimetri di spessore) e li impilasse tutti e 404 miliardi, si ritroverebbe a 500mila chilometri d’altezza, ben al di sopra della Luna che dista da noi 384 mila chilometri.
Ciò che l’umanità conosce, comunica, memorizza è un ormai diluvio senza argini. Farne la radiografia è stata l’impresa di due ricercatori dell’università della California del sud, Martin Hilbert e Priscilla Lopez, che con la pazienza di Giobbe hanno passato in rassegna tutte le sorgenti da cui le informazioni sgorgano e si propagano, siano essi libri, computer, telegiornali, chiacchiere telefoniche, film, foto o videogiochi. Il loro sforzo (che a sua volta ha generato un profluvio di parole e tabelle di oltre 200 pagine) ha meritato
la copertina e una sezione speciale su Science di oggi, intitolati “Dati”.
La nostra capacità di generare dati ha subito una svolta con l’inizio dell'”era digitale”. Il sorpasso è avvenuto nel 2002: l’anno in cui le fonti di informazione digitali (computer di casa o server collegati a distanza, telefonini, dvd, compact disc, lettori audio e video portatili, videogiochi, chip delle carte di credito, schede di memoria varie) hanno superato quelle analogiche (libri, giornali, audiocassette, dischi di vinile, foto stampate o su negativo, videocassette). Nel 1986 l’umanità disponeva di un totale di 2,6 esabyte di informazioni (2,6 seguito da 18 zeri), nel 1993 eravamo a 15,8, nel 2000 a 54,5 e nel 2007 a 295.
Saperi, immagini, suoni e parole del mondo nel 1986 potevano essere compressi in meno di un cd per individuo, nel 1993 in quasi 4 cd, nel 2000 in 12 cd e nel 2007 in 61 cd. Una mole di dati in crescita così esponenziale preoccupa soprattutto la scienza, sempre più concentrata su esperimenti di grandi dimensioni, cui collaborano decine di paesi e che richiedono potenze di calcolo immense. Nell’impilare cd pieni di dati, per esempio, l’acceleratore di particelle Lhc del Cern contribuisce con una torre di 20 chilometri ogni anno. E se 22 anni fa al Centro di ricerche di fisica nucleare di Ginevra nacque il linguaggio del web, oggi gli scienziati scommettono che il futuro stia nella “Grid”, una rete di 140 centri di calcolo uniti da una fibra ottica in 33 paesi (in Italia il cuore della Grid è a Bologna, nel centro gestito dall’Istituto nazionale di fisica nucleare) la cui unione crea la forza di 100mila computer.
La nostra capacità di accumulare dati può disorientarci. Ma la memoria dell’umanità è poca cosa di fronte a quella della natura. I 295 esabyte di informazioni con cui potremmo riempire la nostra biblioteca universale rappresentano appena l’1% delle informazioni contenute nel Dna delle cellule di un uomo. E di fronte alla notizia che per eseguire 6,4 esabyte di calcoli al secondo servono tutti i computer del mondo, il nostro cervello reagirebbe scuotendo le spalle: la cifra corrisponde agli stimoli nervosi che in un secondo si propagano nella testa di un singolo uomo.
Fonte:laRepubblica.it