Simile ad un cigno, collo lungo, testa piccola, il dorso lungo una decina di metri. Nel corso dell’estate, avvistamento dopo avvistamento, la gente descriveva un animale enorme dalle sembianze quasi preistoriche, dal lungo collo e la testa di serpente, che vagava nel Loch Ness…
Nessie scatenò un delirio mediatico. Seguirono fotografie a non finire, tra le quali una molto convincente. Ma di questo parleremo più avanti. Lo spettacolare debutto di Nessie diede il via ad un’enorme quantità di avvistamenti in tutto il mondo. Furono scovati, nel Nord America: Champ nel lago Champlain, Ogopogo nel lago Okanagan, Morwarg sulle coste dell’Inghilterra… e persino il mostro del lago Storsjön, in Svezia, recentemente inserito nella lista delle specie a rischio di estinzione. Oggi, sulle coste americane del Pacifico continuano gli avvistamenti di mostri marini, i cui resti, però, non sono mai stati rinvenuti. Come spiegarlo?
L’idea che se sono in tanti a raccontare una certa storia, questa deve essere necessariamente vera, non è così automatica. Tali credenze si sviluppano fuori dalla scienza propriamente detta, funzionano nel regno dei miti, o delle fiabe, o della fantasia…. Un elemento che i mostri dei laghi e dei mari possono citare a loro favore è il lungo elenco di testimoni affidabili, sani di mente e irremovibili.
Il primo avvistamento ufficiale del mostro di Loch Ness sembra risalire al VI secolo, quando un monaco irlandese redarguì la feroce creatura (salita in superficie) imponendole di tornare nelle oscure profondità del lago. Ma fu soltanto dopo la fitta serie di avvistamenti degli anni ’30 che ebbe inizio la caccia a Nessie. I tabloid londinesi, ovviamente, erano alla spasmodica ricerca di una sua foto. Baciato dalla fortuna, un uomo del posto, Hugh Gray, scattò la prima fotografia creando enorme scalpore nella stampa mondiale. Ma diamo un’occhiata più da vicino! E’ davvero un mostro… o qualcos’altro?
Lo vedremo più avanti. Quella foto scatenò l’entusiasmo dei “cacciatori” dei mostri, accorsi in massa a Loch Ness. Kenneth Wilson, un chirurgo di Londra, nel 1934, dichiarò di essere l’autore della foto più famosa di Nessie, con il collo suo sinuoso e la testa in posizione-periscopio. Questa immagine, divenuta ormai una icona, fu subito ribattezzata: “la foto del chirurgo”. Essendo opera di serio professionista venne giudicata autentica. La foto alimentò diverse ipotesi, come quella che Nessie fosse un plesiosauro, un gigantesco rettile acquatico che si supponeva scomparso 65 milioni di anni fa. Possibile che sia misteriosamente sopravvissuto alla grande estinzione dei dinosauri? Ma come avevano potuto le profonde acque di Loch Ness mantenere in vita le progenie di una popolazione di plesiosauri? Le ricompense promesse per la cattura di Nessie fecero salire il livello di idiozia dei cacciatori di mostri, come di questo gruppo di ottimisti che, nel 1934, costruì una gabbia di acciaio di 35 tonnellate per rinchiudervi la bestia.
Il mito di Nessie raggiunse l’apice negli anni ’60 e ’70, quando alla sua caccia parteciparono persino degli scienziati. Il 1970 vide l’invasione degli americani, iniziata dal dottor Robert Rines, a capo di un team di scienziati dell’Accademia di Scienze Applicate. Costoro, grazie alla tecnologia del nuovo sonar a scansione laterale, registrarono la presenza in fondo al lago di forme di vita da dieci a cinquanta volte più grandi di quelle note fino ad allora. Rines diffuse anche queste intriganti fotografie, ritoccate al computer, scattate con sofisticate attrezzature subacquee che immortalano la famosa pinna e la testa a gargolla (o, in francese: “gargouille”) di un animale straordinariamente simile ad un plesiosauro. Entrò in scena perfino il National Geographic con una squadra di celebrità guidata dall’oceanografo Bob Ballare – che in seguito scoprirà il relitto del Titanic – e i mitici fotografi subacquei Emory Kristof e David Doubilet.
Dotato di una nave ricerca altamente tecnologica, attrezzature fotografiche azionate da sonar, luci stroboscopiche e amplificatori subacquei di versi di pesci in pericolo, il team del National Geographic scattò foto eccezionali di scarpe, bottiglie di vino.. e teiere! Riuscì, però, a far luce su uno dei tanti misteri di Nessie: una presunta carcassa non era altro che un tronco. Malgrado gli insuccessi, i sostenitori dell’esistenza di Nessie non riuscivano a dimenticare il suo amato profilo, ovvero quello immortalato nella “foto del chirurgo”. Poi, un giorno, inaspettata, arrivò la confessione che sconvolse il mondo dei mostri lacustri. Per sessanta anni la foto del mostro di Loch Ness del chirurgo aveva retto alla prova del tempo.
Poi, nel 1922, un uomo – Christian Spurling – fece una rivelazione incredibile: la foto era stata partorita dalla mente del suo patrigno, il “duca” Wetherall, un vivace cacciatore (di selvaggina) che il Daily Mail aveva spedito a Loch Ness a “catturare” qualche immagine di Nessie. Secondo il figliastro, quando il “duca” fallì nella sua missione, il giornale lo licenziò, e lui decise di prendersi una rivincita. Servendosi di un banale sottomarino giocattolo, il “duca” modellò la testa e il collo di Nessie in modo che calzasse perfettamente sulla torretta. Quando la sua Nessie fu pronta, insieme con il figlio più giovane, Ian Wetherall, varò il suo mostro, a pochi metri da riva.
La maestosa testa e il collo erano alti poco più di 30 centimetri. Evidentemente, Wetherall riuscì a convincere il chirurgo londinese (dottor) Kenneth Wilson, ad attribuirsi la foto. E, forse, questi rimase troppo sopraffatto dal clamore scaturito per ritrattare. E cosa dire della prima foto di Nessie, quella di Hugh Gray? Guardiamola con più attenzione. Perfezionando la messa a fuoco ecco apparire, confermando non pochi sospetti, la testa di bel cane da riporto che fa quello che sa fare meglio: tornare a riva con un bastone!
Da un punto di vista scientifico, il lungo regno di Nessie – in cima alla catena alimentare del lago – comincia a giocare a suo sfavore. Sotto osservazione da oltre 75 anni per quale ragione non si è mai mostrata? Una ricerca con il sonar, durata oltre cinque anni, non ha dato alcun esito e alcuni tra i più strenui ammiratori di Nessie ritengono che la sua specie sia ormai estinta. Specie di cui lei era l’ultima rappresentante. Ma anche se Nessie dovesse giacere per sempre da qualche parte, sul fondo di questo spettacolare lago la favola dei mostri lacustri è appena agli inizi. Stiamo attraversando il grande bacino Nord-americano, diretti al lago Okanagan, nella British Columbia, in Canada.
Mentre Nessie non può vantare che una dozzina di avvistamenti e una manciata di foto, il presunto mostro che abita questo lago è stato avvistato centinaia di volte e, persino, immortalato in un video. Più esteso e più profondo di Loch Ness, il lago Okanagan è un rifugio perfetto per i mostri. Se si avvista un grande animale acquatico che affiora in superficie con due o più gobbe, accoppiate, o l’una dietro l’altra, non può che trattarsi di… un cadborosauro!
Il “cadborosauro”, disegnato in base alle descrizioni di centinaia di testimoni è un enorme rettile, un serpente in grado di respirare sott’acqua, lungo circa 20 metri, dotato di una testa dalle sembianze equine e di pinne frontali, che raggiunge i 40 nodi di velocità. L’onda anomala, chiamata seiche, è piuttosto comune in laghi stretti e profondi come Loch Ness e Okanagan che sono laghi che hanno fama di ospitare misteriose creature. Avvicinandosi all’isola di Rattlesnake, la vallata si restringe su una faglia sismica. Qui il lago sprofonda a circa 250 metri di profondità. Laggiù, secondo una leggenda dei nativi americani, dimorava un feroce mostro lacustre divoratore di uomini.
La gente della “Prima Nazione” (come si definiscono) raramente attraversa il lago senza gettare in acqua qualche piccolo animale per compiacere il demone del lago. Se non lo facesse, incorrerebbe nelle sue ire. Non sembra che Ogopogo abbia mai attaccato esseri umani, quindi, forse, ha subìto un cambiamento di personalità. In ogni caso, i nostri intrepidi sub si accingono a scovare la tana del drago.
Se Ogopogo esistesse davvero, ce ne dovrebbero essere a decine nel lago per assicurare la riproduzione della specie. Eppure, anche in un lago di queste dimensioni, le possibilità di incontrarne uno sono esigue. Ma, alcuni anni fa, in una spedizione di ricerca di Ogopogo fu scattata un’immagine. In essa appare una sagoma a forma di serpente lunga circa 15 metri, quasi sul fondo del lago. Alcuni sostengono che si tratti di qualche entità biologica. Van Dura ha un’altra teoria… Spesso usa la sua attrezzatura per recuperare tronchi d’albero cavi e la presunta immagine di Ogopogo gli sembra sospettosamente familiare…
Inafferrabile per natura, Ogopogo si lascia, però, riprendere con molta facilità. Sono decine le foto, i film e video con le presunte immagini del “mostro”. Non tutte le immagini poco chiare sono state eliminate. C’è da chiedersi: perché queste storie si diffondono anche senza prove certe? Non sono mai stati trovati resti, quindi perché crederci? Forse perché alla gente piace l’idea dei mostri dei laghi. I mostri dei laghi sono un po’ come le papere di gomma giganti… Sono inaffondabili! Le spingi giù, le lasci e loro tornano a galla.
Gli scienziati rilevano spesso che affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie.. E, finora, la teoria di “Ogopogo” viene meno per mancanza di prove assolute. Ma anche se l’esistenza di Ogopogo e dei suoi numerosi affini lacustri sembra esclusa, rimane la possibilità che un altro tipo di mostro si aggiri nelle acque più profonde del pianeta: il mostro marino. Dopo tutto, nei vasti oceani, lo spazio dove una arcana creatura possa celarsi agli occhi famelici della scienza non è molto. E, infatti, con notevole frequenza, misteriosi resti approdano sulle nostre coste come questa gigantesca massa gelatinosa trovata sulle coste del Cile, nel 2003. Simili ritrovamenti alimentano le speranze di poter dimostrare l’esistenza di mostri marini, come la leggendaria “piovra gigante”.
Un mostro marino particolarmente amato, o forse solo particolarmente visibile, deve il suo nome alla Baia di Cadboro, vicino Vancouver, in Canada. Legittimato da centinaia di avvistamenti, il Cadborosauro willsi venne presentato alla scienza in una pubblicazione del biologo marino Ed Bousfield e dell’oceanografo Paul LeBlond. Il suo nomignolo è “Caddy”.
Caddy non è stato solo avvistato. C’è chi sostiene di averne visto un esemplare nel 1937 in un impianto di lavorazione di balene, nel porto di Naden. Secondo le cronache dell’epoca, quando i macellai aprirono la pancia di una balena, venne fuori questa carcassa. Niente del genere era mai stato visto prima di allora!
Sfortunatamente, di quei resti non vi è più traccia. Si tratta, praticamente, di un serpente marino gigante lungo fino a 30 metri e con un paio di pinne frontali. Particolare degno di nota: è in grado di respirare sott’acqua! E’ dotato di qualche particolare meccanismo che gli consente di respirare in acqua. Forse delle formazioni filiformi in cui avviene uno scambio gassoso quando l’animale sale in superficie. Queste fantasiose teorie innervosiscono i biologi marini più convenzionali.
Che siano frutto della fantasia, o meno, avvistamenti di serpenti marini si segnalano anche più a Sud. Ed oggi, nella baia di San Francisco, in California, potrebbe nascere la leggenda di un nuovo mostro: il “megaserpente di San Francisco”. AKA Franny! Partiamo da un avvistamento avvenuto nel 1983, ad opera di cinque persone. Una squadra di operai stava lavorando alla panoramica autostrada sulla costa del Pacifico, appena a Nord di San Francisco, quando l’addetto alle segnalazioni diede l’allarme via radio. Qualcosa di insolitamente grande e veloce stava creando una scia degna di un mostro marino. Marlene Martin, il supervisore, ricevette la chiamata e andò a guardare.
Ma per la serie: “gli avvistamenti che cambiano la vita”, un’esperienza che non teme rivali è quella dei gemelli Bill e Bob Clark che sostengono di aver guardato il terrificante mostro negli occhi e che, da allora, sperano di poterlo documentare. Una mattina d’inverno del 1985, i gemelli Clark si godevano la vista del Golden Gate quando ebbero il loro primo incontro ravvicinato con una bestia straordinaria. I fratelli Clark nella baia di San Francesco hanno studiato questo animale per venti anni.
Sono convinto che il loro studio, su questa specie sia il più incredibile fra tutti quelli oggi esistenti. Secondo Bill e Bob Clark, il loro primo incontro con il megaserpente li colse completamente di sorpresa. Quella mattina, notarono un banco di leoni marini, poi, la loro attenzione fu attratta da qualcosa dietro ai leoni marini.. Improvvisamente, quello che può essere descritto solo come un enorme serpente marino si levò dalle acque. Da quel loro primo incontro, Bill e Bob Clark hanno tenuto sotto osservazione la baia e rivendicano otto diversi avvistamenti, dall’85 all’87, compreso uno con un “cucciolo di mostro”.
Poi, dopo questi drammatici incontri niente più accdde per 17 anni! Ma ai gemelli Clark non fa certo difetto la pazienza. Nel gennaio del 2004, armati di una nuova videocamera, mentre esploravano la baia vicino Alcatraz, ripresero quello che essi ritengono un megaserpente che si agita in lontananza. Senza carcasse, o resti di altro tipo, il dibattito sui mostri acquatici proseguirà ad oltranza. Senza prove ufficiali, continueremo a subìre il fascino dei mostri sia che popolino gli abissi dei nostri oceani e laghi, o solo le profondità della psiche umana.
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